I famigliari del maresciallo Santoro: «Un passo avanti ma vediamo che succede»
Il figlio Giuseppe: «Preso? È già successo altre volte. Dopo 40 anni è difficile sapere cosa ci si può davvero attendere»
«Qual è l’atto di giustizia? Che l’hanno preso? Mi pare che sia già successo altre volte. In questo momento, certo, c’è una novità importante, ma per quanto ci riguarda non è accaduto ancora nulla». Sono parole rese prudenti da una ferita aperta da 40 anni e da un’estradizione mai arrivata prima, quelle che pronuncia, quasi a fatica, Giuseppe Santoro, 60 anni. È il primo dei tre figli di Antonio, il maresciallo e comandante degli agenti di custodia del carcere di Udine ucciso la mattina del 6 giugno 1978, a 52 anni, in un agguato di stampo terroristico perpetrato a nome del gruppo dei Proletari armati per il comunismo (Pac). Esecutore materiale dell’omicidio in via Spalato fu proprio Cesare Battisti, che sparò appena giunto alle spalle del maresciallo Santoro: tre colpi di pistola. Due alla nuca, mortali.
Quel cognome, Battisti, pesa sempre come un macigno. Lo si percepisce già quando Giuseppe ci viene incontro, lasciandosi chiuso alle spalle il cancello della sua abitazione, in un quartiere residenziale della prima periferia di Udine. Quasi a cercare, ancora una volta, di tenere lontana la sua famiglia dal dolore.
Non lo nomina mai l’assassino di suo padre, ma parla a testa alta, orgoglioso di chi non c’è più. «Non siamo sicuri di niente, non possiamo più esserlo - sentenzia in risposta alle nostre domande -: vedremo cosa succede, è un po’ presto per dire qualcosa di diverso rispetto al passato. È un passo avanti, un evento nuovo, ma non posso e non voglio sbilanciarmi. Una ferita che a distanza di 40 anni rimane aperta? Credo non sia difficile immaginare cosa abbiamo provato e cosa stiamo provando. E guardi, mi creda, non è nemmeno una questione di ferite aperte: sono passati più di 40 anni, ognuno si è fatto la sua vita, ma è evidente che certe situazioni rimangono ancora in piedi. Come questa che, lo ripeto, io e la mia famiglia non consideriamo ancora chiusa».
Un conto aperto con la giustizia che potrà essere saldato solo una volta rivisto Battisti dietro le sbarre. In Italia. «Dopo 40 anni di questa storia è difficile sapere cosa ci si può davvero aspettare. Noi dobbiamo capire. Dobbiamo aspettare. Ancora una volta». —
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