I doganieri e le kune non vanno in pensione

L’addio alle frontiere entro il 2015. Per la moneta unica almeno quattro anni Palazzo Chigi chiede la moratoria sulla libera circolazione dei lavoratori
Di Giovanni Tomasin

TRIESTE. La Croazia diventa ufficialmente membro dell’Unione europea, ma il suo cammino per l’integrazione completa nel sistema continentale non è ancora terminato. Lo status appena conquistato è per Zagabria il primo passo in vista di due obiettivi strutturali: l’ingresso nell’area Schengen e l’adozione della moneta unica. A dispetto della crisi d’identità di cui l’Ue è preda, queste mete restano imprescindibili per ogni nazione che entri a far parte del colosso europeo. Si tratta di svolte di forte valenza psicologica per un Paese che, come la Slovenia, accede all’Unione portando sulle spalle l’esperienza complessa e tragica della Federazione jugoslava. È di ieri anche la notizia che la presidenza del Consiglio italiana ha istruito la procedura per una moratoria sulla libera circolazione dei lavoratori croati, che la Farnesina dovrebbe comunicare in queste ore in sede europea.

Schenghen entro il 2015 Dal primo luglio il confine croato non sarà, come molti si aspettano, soltanto un ricordo del passato: i doganieri continueranno il loro lavoro alla frontiera come un tempo, anche se saranno un po’ meno fiscali. Zagabria conta di entrare nello spazio di libera circolazione definito da Schengen entro un paio d’anni. Il quotidiano austriaco Der Standard, ripreso dall’agenzia Presseurop, scrive che l’adeguamento del Paese al trattato «rappresenta una grossa sfida per la Croazia in termini di mezzi e personale: secondo il quotidiano Novi List dovrebbero essere assunti 750 agenti di polizia supplementari, e per la protezione delle frontiere terrestri e marine mancano ancora elicotteri, veicoli anfibi e telecamere termiche». Una volta abbattute le barriere verso i suoi vicini settentrionali, la Croazia diventerà per davvero il “limes” più esterno dello spazio europeo: in quanto tale dovrà garantire ampia sorveglianza, tanto più necessaria in quanto i Balcani sono un canale d’accesso all’Europa vitale per i traffici illeciti. Certo è che il governo croato non intende perdere tempo. «Il Paese è pronto a negoziare le condizioni per creare un sistema di controllo comune con la Slovenia e l’Ungheria per facilitare l’accesso dei turisti in Croazia», scrive Der Standard. Al contempo le verifiche alle frontiere dovrebbero diventare meno farraginose: sarà più semplice entrare o uscire dal Paese sia sui confini Ue che con Bosnia Erzegovina, Serbia e Montenegro. Saranno semplificate anche le misure d’accesso a porti e aeroporti. Der Standard ricorda che da aprile Zagabria ha aperto due posti di frontiera con la Bosnia Erzegovina in ossequio alle richieste dell’Ue. Per poter accedere a Schengen, però, la Croazia dovrà riuscire a sistemare tutte le questioni in sospeso con i suoi vicini che, soprattutto nel caso di Serbia e Bosnia Erzegovina, non sono poche.

Euro in cinque anni I grandi festeggiamenti del primo luglio non coincideranno con l’addio alla kuna. Il direttore della Banca centrale croata, Boris Vujcic ha dichiarato ieri, in un’intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, che la Croazia aspira ad entrare nell’Eurozona «al più presto possibile» e non teme gli scricchiolii della moneta unica perché «per il momento il momento il problema non si pone: non saremo in grado di entrare prima di quattro o cinque anni». Dal prossimo gennaio alla moneta unica aderirà la Lettonia che diventerà il 18esimo paese dell’Eurozona. «Al momento non siano ancora in grado di rispettare i criteri di ingresso nell’euro perché inflazione e deficit sono ancora troppo alti - ha ammesso Vujcic -. Ma vogliamo assicurarci di essere in grado di rispettare le condizioni, in particolare per quanto riguarda il livello del rapporto debito/pil entro il 60%». Secondo Vujcic nei quattro-cinque anni che mancano «la zona euro dovrà aver risolto le sue criticità, altrimenti avremo tutti grandi problemi». Il direttore della banca centrale considera anzi «quasi un lusso» essere fuori dell’euro in questa fase, col privilegio di «essere nella posizione di osservatori». Ieri anche il premier Zoran Milanovic ha sottolineato la forte “vocazione” croata per l’euro.

La moratoria italiana Il governo italiano, nel frattempo, ha avviato la procedura per una moratoria sulla libera circolazione dei lavoratori transfrontalieri. Spetta al ministero degli Esteri trasferire la richiesta entro oggi in sede europea. L’impianto della moratoria segue la linea tracciata nei giorni scorsi dal ministero del Lavoro, che esclude dalle limitazioni alcune categorie di lavoratori come gli stagionali, i ricercatori e la manodopera altamente qualificata. Una notizia che non farà contenti i sindacati italiani e croati, contrari all’ipotesi di arginare il movimento della forza lavoro.

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