I diplomifici per finti infermieri: lo scandalo scuote la Bosnia

Titoli di studio riconosciuti nell’Ue venduti per 1.200 euro. Il fenomeno non riguarda solo la Sanità e investe vari Paesi

BELGRADO. Un diploma rilasciato da una scuola tecnica secondaria per le professioni sanitarie, lasciapassare per mestieri importanti come l’infermiere. Per ottenerlo servono anni di studio, fatica e impegno. Ma ci sono delle scorciatoie, illegali, per i furbetti. Che possono pagare poco più di 1.200 euro e mettere così in tasca l’agognato pezzo di carta in pochissimi giorni.

È lo scenario scandaloso emerso in questi giorni, in Bosnia, grazie a un’inchiesta del portale Zurnal. Il quale dopo una soffiata ha spedito in incognito - con telecamera nascosta - una giornalista che si è finta studentessa a indagare su una scuola privata di Sanski Most, nel nordovest del Paese, dove i rumor parlavano di diplomi professionali venduti al miglior offerente. Era vero. Dopo aver fatto domanda all’istituto poco prima di Natale, già il 3 gennaio la giornalista aveva in mano l’agognato diploma, con annessi ottimi voti, a riprova del fatto che candidata aveva con superato con successo test in «anatomia e fisiologia, igiene, microbiologia, psicologia medica, malattie trasmissibili, patologia clinica, chirurgia, farmacologia». Il tutto in soli «17 giorni», ha calcolato lo Zurnal. È un diploma dal valore importante, dato che è riconosciuto «in tutta la Bosnia e nell’Ue». E dunque è un viatico per trovare un lavoro, ben pagato, all’estero: una questione seria, vista i numeri attuali dell’emigrazione dai Balcani verso la Ue.

Ma il caso Sanski Most non sarebbe che la punta di un iceberg, ha suggerito il portale, rivelando di aver ricevuto già a dicembre «verbali di polizia e atti giudiziari» che dimostrerebbero che «vendite di diplomi avvengono nella Federazione» bosgnacco-croata, senza che le autorità si siano finora mosse. Il quadro è cambiato dopo il reportage: polizia e magistratura ora hanno promesso indagini serrate. E la Camera croata degli infermieri (Hkms), «dopo le informazioni sui diplomi da infermiere comprati in Bosnia», ha annunciato ieri che «non concederà licenze a infermieri che abbiano concluso percorsi di riqualificazione in altri Paesi», ha informato l’agenzia croata Hina.

Ma la questione non riguarderebbe solo la Bosnia, dove secondo uno studio di Transparency International il livello di corruzione percepita nell’educazione è ai massimi nel mondo, dopo il Camerun e prima del Ghana. «Anche in Serbia è lo stesso, lavoro in Scandinavia e mi vergogno dei nostri “lavoratori della sanità” che arrivano qui dopo aver ottenuto diplomi in maniera simile», è una delle tante denunce circolate sui social e sui media balcanici dopo lo scoppio dello scandalo.

Anche se mancano dati precisi e studi approfonditi, difficili vista la natura carsica del fenomeno, il problema dei diplomi sospetti – decennale nei Balcani - non è infatti prerogativa solo di Sarajevo e Banja Luka. In Kosovo, ad esempio, da anni si sta registrando un boom di istituzioni educative private, università che «lavorano come aziende, dove i diplomi vengono venduti come prodotti», ha ammesso l’estate scorsa il ministro dell’Educazione di Pristina, Shyqiri Bitiqi, segnalando che anche nella vicina Albania c’è un «problema di crisi di qualità» dell’alta formazione e promettendo severe misure per combattere il fenomeno. Fonti internazionali confermano il problema, parlando di «programmi di bassa qualità», in istituzioni private che proliferano grazie «all’alta disoccupazione e alla corruzione».

Ma il fenomeno appare generalizzato. In Macedonia, a ottobre, una quarantina di alti funzionari governativi è stata “beccata” con diplomi falsi rilasciati da università compiacenti. E in Serbia – dove dottorati dubbi di politici hanno infiammato il Paese anni fa - si parla di almeno 1.200 dottorati conseguiti irregolarmente. Il fenomeno è aggravato da un trend costante in tutta la regione: quello della compravendita di ricerche e tesi di laurea, master e dottorati. Con annunci di «pisanje radova» (scrittura di lavori) che continuano a fiorire sui giornali e sul web, non solo in Bosnia.

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