I civili kosovari si armano Belgrado lancia l’allarme

Le tv di Pristina e dell’Albania trasmettono video con gruppi paramilitari La Serbia chiede l’intervento della comunità internazionale. La Kfor nega il caso
Di Stefano Giantin

BELGRADO. Video trasmessi in tv che mostrano civili in armi, messaggi discordanti che arrivano dalla Nato e da entrambi i fronti, quello serbo e l’albanese. È una primavera per nulla tranquilla quella che sta vivendo il Kosovo, a poco più di due settimane dalle elezioni parlamentari e presidenziali serbe che, a differenza di quelle amministrative, saranno organizzate anche nel Nord, fedele a Belgrado. Dopo l’esplosione di Pasqua, bilancio un morto, nella parte settentrionale a maggioranza serba di Mitrovica, la tensione è risalita nei giorni scorsi.

Prima le dichiarazioni incendiarie del sindaco di Mitrovica Sud Avni Kastrati. «Ognuno ha il diritto di difendersi se attaccato» aveva detto rivolgendosi ai pochi albanesi che ancora risiedono nel Nord, una minoranza nella minoranza. Poi, i volantini del movimento ultranazionalista serbo “Obraz”, fatti scivolare sotto le porte degli appartamenti abitati da albanesi nel complesso “Tri Solitera”, unica area di Mitrovica Nord ancora popolata da tutti i gruppi etnici e teatro dell’attentato pasquale. Due sole parole, una minaccia: «Stiamo arrivando». Infine, il fatto più grave. I video mandati più volte in onda dalle tv di Pristina e da “Top Channel Albania” che hanno mostrato gruppi di civili kosovari armati di Kalashnikov, “in azione” in alcuni villaggi del Nord del Kosovo con l’obiettivo di difendere gli albanesi da potenziali attacchi serbi.

Ieri, Belgrado ha reagito con durezza alle immagini dei «gruppi armati». Per bocca del ministro per il Kosovo e Metohija, Goran Bogdanovic, la Serbia ha chiesto «alla comunità internazionale d’indagare» non solo sull’esistenza di uomini in armi «e di disarmarli, se individuati», ma anche di reagire agli annunci che «vengono fatti dalla leadership politica di Pristina sull’integrazione del Nord attraverso la forza». «La nascita di gruppi armati nel Nord è il risultato del tentativo di Pristina di porre sotto il suo controllo l’area con atti unilaterali e violenti» ha aggiunto Bogdanovic, prima di specificare che «il momento è serio e richiede alla comunità internazionale di soffocare l’estremismo albanese».

Che la situazione sia «tesa» lo conferma il generale tedesco Erhard Drews, comandante della forza Nato in Kosovo (Kfor): «La tensione sta crescendo con l’avvicinarsi delle elezioni in Serbia». Ha chiarito comunque che non si può parlare di «degenerazione», invitando al contempo le autorità di Pristina a non contemplare prove di forza nel Nord per impedire l’allestimento delle urne serbe. Dichiarazioni in parte temperate da un portavoce di Kfor, Mark Stimmler, che sempre ieri ha affermato che «non ci sono prove dell’esistenza di gruppi armati in Kosovo» e che Belgrado non ha ufficialmente preteso l’apertura di un’inchiesta sul caso. Caso che comunque farà ancora discutere, mentre il countdown prima del voto serbo segna meno 16.

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