I cinesi a Trieste non muoiono mai Solo cinque funerali in 20 anni

Sepolti qui solo orientali passati per gli ospedali. E gli altri? Forse le salme rispedite in patria ben nascoste in qualche container. La comunità: «Non siamo bestie e siamo giovani, i vecchi se ne vanno prima»
Di Laura Tonero
Lasorte Trieste - Via Machiavelli - Negozio Cinese
Lasorte Trieste - Via Machiavelli - Negozio Cinese

Uscivano dai container uomini e donne. Morti congelati, come aringhe in scatola. Erano i cinesi che all’apparenza o almeno per l’anagrafe non muoiono mai. Avevano tutti messo da parte i soldi per farsi seppellire nella loro città in Cina. Quell’immagine che Roberto Saviano descrive nella prima pagina di Gomorra sembra una leggenda metropolitana. Eppure qualcosa di anomalo tra i cittadini con gli occhi a mandorla che vivono nel nostro paese c’è: appaiono immortali. Anche a Trieste.

Basta confrontare un paio di dati. Negli ultimi vent’anni le imprese di onoranze funebri triestine hanno organizzato solo cinque funerali per persone di origine cinese. Di fatto, quindi, nella nostra provincia dagli inizi degli anni ’90 – periodo in cui hanno aperto i primi ristoranti per servire involtini primavere e riso alla cantonese – tra la comunità cinese che oggi conta ben 1099 residenti solo nel Comune di Trieste, risultano decedute sono cinque persone.

Tre funerali sono stati organizzati dalla società che fa capo ad Acegas-Aps, oggi trasformata in Trieste Onoranze e Trasporti Funebri; due dall’impresa Zimolo. In tutti i casi le persone hanno perso la vita in una struttura sanitaria o, come nel caso del cinese ucciso a coltellate da un connazionale parecchi anni fa in Ponterosso, in tragiche circostanze riportate anche sulle pagine della cronaca cittadina.

«Si contano veramente sulle dita di una mano – ammette Sebastiano Pinat, amministratore delegato della Trieste Onoranze e Trasporti Funebri – noi ci siano occupati del caso del giovane cinese morto in Ponterosso e di altre due persone decedute in ospedale».

Il corpo della vittima dell’omicidio consumatosi all’ombra delle vecchie bancarelle è rimasta in una cella frigorifera dell’obitorio per anni. Nessuno si è fatto vivo per reclamare quella salma ed è stato poi il Comune di Trieste a provvedere alla sua tumulazione in una fossa comune.

«Noi in tanti anni di attività ci siamo occupati solo del funerale di una giovane cinese di 15 anni deceduta al pronto soccorso – specificano Maurilio Missori e Renzo Ricamo titolari dell’impresa Zimolo – e di un uomo seguito dal centro tumori. Invece ci capita spesso di occuparci del funerale e del successivo trasferimento della salma nel suo paese di persone di origine senegalese o nigeriana che facevano i venditori ambulanti».

Mai organizzato funerali per cinesi all’impresa San Giusto, come neppure all’Alabarda. «Quando una persona viene a mancare – specifica Michele Semacchi dell’impresa di via Machiavelli – obbligatoriamente la salma va esposta, la cassa sigillata e va siglato un verbale di chiusura della bara. Per il successivo trasferimento in un altro paese, attraverso la Prefettura e il consolato, serve ottenere il nullaosta».

Ogni straniero deceduto sul nostro territorio dovrebbe di fatto venir esposto a Sant’Anna. Eppure un mistero sulla fine di certi cittadini orientali c’è. Tra le supposizioni avanzate da chi gestisce le imprese di onoranze funebri, c’è quella che i cinesi che muoio qui vengano sistemati in delle casse, chiusi in un container, e spediti in Cina attraverso qualche porto del Sud Italia dove le maglie dei controlli sembrano essere un po’ più larghe.

«Su di noi si dice di tutto – spiega Yu Zho, 33 anni, a Trieste da quando ne aveva 25, imprenditore nell' importazione di abbigliamento - come la storia dei morti non segnalati per riutilizzare i documenti. La nostra è una comunità molto giovane. I vecchi tornano a morire in Cina, per questo qui si registrano pochi decessi».

Che la comunità cinese residente in città sia giovane, è vero. Purtroppo però capita che le persone muoiano anche prima di raggiungere la vecchiaia. «Non siamo bestie, - precisa Tong Wen, barista in città da 12 anni – non nascondiamo i defunti per riciclare i documenti dei defunti. Le ipotesi avanzate da molti sono solo fantasie».

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