I Casoneri di Marina Nova battono la Soprintendenza
Svolta nel riordino dei casoni di Marina Nova: l’associazione che raggruppa la ventina di strutture, espressione della memoria e tradizione dei luoghi, vince il ricorso al Tar contro la “bocciatura” della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici e ora può finalmente concentrarsi sulle operazioni da intraprendere per avviare l’atteso maquillage.
Il braccio di ferro giudiziario è storia poco nota, mentre la vicenda nel suo complesso affonda le radici addirittura nel lontano 1986, data della prima richiesta di concessione edilizia a seguito del condono decretato per legge l’anno precedente. Stiamo parlando dei 21 casoni situati di fronte al maxi-parcheggio di Marina Nova, opera compensativa dell’intervento Itmar, peraltro tra i pochi rimasti in piedi (quelli della vicina Quarantia sono stati rasi al suolo). Ebbene, nove anni fa, l’associazione Casoneri di Panzano aveva ricevuto l’autorizzazione dal Comune per avviare il progetto di riordino: sostanzialmente si trattava di ridipingere e migliorare esteticamente i depositi, così ottemperando alle prescrizioni seguite alla sanatoria che aveva condonato i casoni. Era stata la Commissione edilizia integrata, di cui all’epoca non faceva parte l’organo soprintendizio, a esprimere parere favorevole alla sanatoria, stabilendo struttura per struttura come si sarebbe dovuto svolgere il restyling. I casoneri, a fronte del placet, avevano depositato nel 2012 il loro piano, che teneva conto di tutte le prescrizioni svolte dall’ente. E presentato al responsabile comunale del procedimento la comunicazione in cui si ribadiva l’accoglimento delle indicazioni e l’intenzione di dar seguito ai lavori di adeguamento dei casoni, con scadenza 31 dicembre dello stesso anno.
Tuttavia, come spesso capita nel nostro Paese, a metterci lo zampino era stata la burocrazia: frattanto infatti era scaduta l’autorizzazione paesaggistica. Ancora carte da rifare da capo. Nessuno scoramento per l’associazione che si era rimboccata le maniche e recependo ogni aspetto già concordato aveva riproposto il tutto, senza pensare che qualcosa sarebbe potuto andare storto. E niente, la Soprintendenza, con parere datato 23 maggio 2014, si era espressa negativamente sollevando incompatibilità paesaggistiche. Di conseguenza il Comune a sua volta si era adeguato e aveva sconfessato quanto fin lì stabilito. Un parere dovuto, certo, che però sbalzava indietro i casoni al 2006, prima dell’assenso incassato dalla Commissione edilizia integrata. «Non ci è rimasto che ricorrere al Tar con l’avvocato Renato Fusco», commenta oggi il geometra Pier Giuseppe Sera, che assieme alla presidente del sodalizio Raffaella Cavenago, mamma dell’olimpionica di vela Chiara Calligaris, ha voluto render nota la vicenda. E così, dopo l’ultimo anno di traversìe, lo scorso febbraio i giudici hanno dato ragione ai casoneri. Il Tar infatti ha riconosciuto un errore di fondo della Soprintendenza (accogliendo le sottolineature dei ricorrenti): la confusione tra i capanni di Marina Nova e i casoni “tradizionali” della laguna di Grado e Marano. Quanto alla tutela ambientale, il Tar ha rilevato come i depositi di attrezzature da pesca non si trovino in area lagunare, bensì in un contesto fortemente antropizzato lungo la costa monfalconese. Morale: diniego bocciato e Ministero condannato a rifondere le spese del giudizio (3mila euro). I casoneri possono ora concentrarsi sul riordino dei loro capanni.
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