«I bulli dietro la morte causata da mio figlio»
«Esprimo il profondo dispiacere della mia famiglia per la morte della signora Ida Diminich Maier. Da una bravata si è passati a una tragedia. È successo un fatto assurdo e incredibile del quale mio figlio si è assunto la responsabilità. Siamo una famiglia sconvolta. Ma quanto accaduto è stato una tragica, tremenda fatalità. Non doveva succedere...».
Le parole di costernazione e di rabbia - espresse con un tono pacato - sono del padre dello studente del secondo anno dell’istituto nautico “Duca degli Abruzzi”. Il figlio (del quale omettiamo le generalità in quanto minorenne) è rimasto coinvolto sabato mattina in via Torino in una sorta di guerra di gavettoni fatta di inseguimenti tra gruppi di allievi prossimi alla maturità e ragazzi più giovani. Una battaglia che ha avuto un tragico epilogo. Il ragazzo, mentre con altri quattro-cinque coetanei era inseguito da un gruppo di maturandi, è scappato da piazza Hortis fino in via Torino travolgendo la donna che durante la caduta ha sbattuto la testa perdendo i sensi ed è morta dopo due giorni a Cattinara.
Dice ancora il padre: «Mio figlio quella mattina era andato a scuola regolarmente. Ma gli hanno impedito di entrare. Non glielo hanno permesso. Quando lui e alcuni suoi compagni sono arrivati davanti all’ingresso sono stati travolti da una pioggia di gavettoni. Per questo i ragazzi sono scappati. Poi è successo quello che è successo. Anche lui è stato una vittima. Quanto accaduto, mi riferisco all’inseguimento, è stato un atto di bullismo da parte dei ragazzi più grandi nei confronti di quelli più giovani. Un atto che poi ha portato conseguenze delle quali mio figlio si porterà il segno per tutta la vita. Perché se fosse riuscito a entrare nella scuola, se glielo avessero permesso, nulla sarebbe successo.
Aggiunge: «Dopo l’accaduto con mia moglie sono andato dal preside e abbiamo parlato con diversi insegnanti. Mia moglie si è precipitata all’ospedale per sapere delle condizioni della donna caduta. Mio figlio, voglio ribadrlo, non è un ragazzo aggressivo o violento. Anzi. Anzi è un timido che non solo non si è mai macchiato di episodi violenti, ma non ha mai mancato di rispetto nè ai compagni, nè agli insegnanti. È sempre stato benvoluto dai professori. Ma quella mattina quando lui e gli altri di seconda sono arrivati davanti alla scuola si è scatenato il parapiglia e mio figlio e i compagni sono fuggiti. Per loro non c’era alternativa. È stato un assalto. Anche perché nei gavettoni a volte non mettono solo acqua, ma pure come è accaduto in passato, ci mettono anche urina o candeggina. Così i ragazzi più giovani sono scappati lungo l’unica strada possibile, appunto via Torino».
Ribadisce ancora il padre del ragazzo ora accusato di omicidio colposo: «Perchè se ne parli di gavettoni e bullismo - come si verifica da anni in tutte le scuole di Trieste - deve succedere qualcosa di grave come è stato con la morte della signora Diminich. Mi domando che maturità sia quella di correre e inseguire pericolosamente i compagni più giovani tra la gente per le strade? Voglio dire poi che quando mio figlio si è accorto che la donna era caduta, si è subito fermato e ha aspettato l’arrivo del 118 e degli agenti della polizia municipale ai quali ha fornito tutte le informazioni. Non è fuggito. Ma piuttosto si è assunto subito le proprie responsabilità. Perché questo suo modo di agire è parte dell’educazione che come famiglia gli abbiamo impartito. Ora lo dobbiamo aiutare, perché per lui è un momento terribile».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo