I beni confiscati alle mafie in Friuli Venezia Giulia

In Friuli Venezia Giulia c’è una criminalità organizzata silenziosa, che non commette omicidi o raid intimidatori. È una mafia che in silenzio conclude affari, tratta con i gruppi stranieri e ricicla il denaro sporco attraverso le attività con una maschera di legalità.
Ecco la mappa dei beni confiscati realizzata da Confiscati Bene
(dati dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati)
È quanto emerge dai numeri dell’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati e dalle inchieste della magistratura che hanno svelato una crescente presenza criminale in regione. In Friuli Venezia Giulia non c’è un radicamento forte delle organizzazioni criminalità, come in Sicilia, Calabria o Campania, ma “nel corso degli anni si è potuta constatare la presenza assortita di soggetti riconducibili alla mafia siciliana, alla camorra, alla ‘ndrangheta calabrese e a sodalizi pugliesi”, si legge nel rapporto “Le mafie al nord” dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università di Milano.
La collocazione geografica della regione l’ha resa un territorio appetibile per insediare attività economiche e le basi operative per i traffici illeciti con la Croazia, la Slovenia e, in generale, con i Balcani. In Friuli Venezia Giulia si trovano 19 beni confiscati alla criminalità, di cui uno già uscito dalla gestione dell’Agenzia. La maggior parte si trova in provincia di Udine (10), dove viene censita anche l’unica azienda. Altri otto immobili sono in provincia di Trieste. Il territorio di Udine si caratterizza per una maggiore efficacia delle politiche di riutilizzo: 7 immobili su 9 sono già destinati e consegnati (ai Comuni o alle forze dell’ordine). Un rapporto inverso si registra nella provincia di Trieste, dove solo un immobile è stato già consegnato per una nuova destinazione, tra l’altro proprio al Comune capoluogo, e altri 7 risultano soltanto destinati (in questo caso alla Guardia di Finanza).
In Friuli Venezia Giulia i mafiosi li ha portati lo Stato
Il motivo per cui mafiosi e camorristi abbiano deciso di acquistare appartamenti e locali a migliaia di chilometri di distanza dai propri luoghi di origine è spiegato con la presenza in Friuli del carcere di Tolmezzo, a 50 minuti di auto da Udine. È un penitenziario in cui vengono reclusi i più spietati killer e boss della criminalità organizzata, anche ergastolani e detenuti al regime di carcere duro del 41 bis. Tra questi anche nomi illustri, come Leoluca Bagarella, tra gli autori della strage di Capaci, ma anche camorristi come nel caso di Salvatore Zazo, che dalla casa circordariale avrebbe addirittura continuato a impartire ordini al suo clan. Per allestire un quartier generale al nord c’era bisogno di investimenti nel mattone, soprattutto abitazioni. Sono 7 le case censite dall’Agenzia in Friuli, di cui 4 sono appartamenti in condominio, una è indipendente e una è una villa.
Gli affari con la droga
L’unica villa si trova a Tricesimo, in provincia di Udine, un paese di 7600 abitanti. Dal 2010 è acquisita al patrimonio comunale. Apparteneva all’imprenditore Luciano De Sario, condannato per traffico internazionale di stupefacenti. Oggi versa in condizioni di degrado e abbandono, come denunciato in numerose interrogazioni consiliari .
Il primato tra i comuni in Friuli Venezia Giulia spetta a Trieste con 8 beni confiscati, di cui 3 abitazioni e 5 locali. Lignano Sabbiadoro, una delle principali mete turistiche del Nordest, è al secondo posto con due abitazioni e un locale. Si trova a Cervignano del Friuli l’unica azienda confiscata nella regione. Si tratta di una ex palestra, la Holiday di via Riseris acquisita al patrimonio comunale e destinata alle attività parrocchiali. Qui mafia, camorra o ‘ndrangheta non c’entrano. Alla base del sequestro e poi della confisca c’è un’inchiesta del 2006 su un traffico internazionale di sostanze dopanti, in cui rimasero coinvolti il proprietario e altri complici. La palestra ha una superficie di 660 metri quadrati e un valore stimato di 350mila euro, stabilito dall’Agenzia del Demanio.
Gorizia e Pordenone, escluse da confische definitive fino al 2013, sembrerebbero immuni da fenomeni criminali. Non è proprio così. Recenti inchieste della magistratura hanno smascherato le mire sul porto e sui cantieri navali di Monfalcone da parte di camorra e mafia. Coinvolto, tra gli altri, Vito Galatolo, uno dei rampolli della famiglia dell’Acquasanta, fedele a Totò Riina, che sfruttando il soggiorno obbligato a Mestre tentava di pilotare gli appalti nei cantieri navali friulani.
La presente inchiesta è stata realizzata dal network di datajournalism Dataninja.it. Del gruppo di lavoro fanno parte Alessio Cimarelli, Gianluca De Martino ed Andrea Nelson Mauro, con il supporto di Andrea Borruso. L’inchiesta è nata nell’ambito di “Confiscati Bene” (www.confiscatibene.it), progetto partecipativo per l’apertura dei dati sui beni confiscati avviato nel corso del Raduno 2014 di Spaghetti Open Data e oggi sviluppato da un gruppo di lavoro composto da Dataninja.it, Monithon.it e Twinbit.it. Tutti i contenuti pubblicati su www.confiscatibene.it sono rilasciati in Open Data con licenza CC-by 4.0 International, quindi liberamente riutilizzabili per qualsiasi uso. Le fonti dei dati utilizzate sono: Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC), Relazione ANBSC 2012, Relazione del Ministero della Giustizia (4 dicembre 2013), Relazione Roberto Garofoli "Per una moderna politica antimafia" (23 gennaio 2014), Relazione sulle prospettive di riforma dei sistema di gestione dei Beni confiscati (Commissione Antimafia, 10 Aprile 2014), Relazione sul semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea e sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea (Commissione Antimafia, 18 giugno 2014), “Mafie al Nord”, relazione dell’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università di Milano (luglio 2014). Per segnalazioni è possibile scrivere all’indirizzo info@confiscatibene.it.
Riproduzione riservata © Il Piccolo