I 150 anni del Dante «Strepitosi quei 5 anni passati a giocare a volley»

Mauro Giacca, direttore di Icgeb, ha tenuto la conferenza su liceo classico e scienza «Il ricordo più forte? Quattro giorni di occupazione per protestare contro Osimo»

Quando ricorda gli anni della pallavolo, Mauro Giacca è un fiume in piena. Casacca verde, pantaloncini verdi, ha prima giocato e in seguito allenato. Sempre al Dante. E al Dante deve parecchio, «cinque anni strepitosi, anzi ispiranti, meglio dell’università», e la moglie, Serena Cividin, conosciuta a scuola, compagna di classe e poi di banco, con cui si è fidanzato, guarda caso, durante una partita di pallavolo, anzi, al derby Dante contro Petrarca, al palazzetto di Chiarbola. «Ho iniziato a giocare subito, in quarta ginnasio, ero l’alzatore. Ho fatto parte della rappresentanza scolastica in anni davvero buoni: abbiamo vinto a Trieste, e nel 1976-77 anche i campionati regionali. Poi l’ho proprio guidata la squadra del Dante, dall’82 all’86, siamo andati fino a Milano a giocarci il titolo nazionale. Era il 1985, o l’86. Com’è andata a finire? Beh, abbiamo perso. Per un anno ho allenato il sestetto femminile: mai più. Correvo dietro alle ragazze nei bagni, a consolarle. Non giocavano e piangevano. Troppo sensibili e permalose... Ora? Giochicchio a tennis».

Sì, si è proprio divertito Giacca al Dante, diploma nel 1978, sezione C. «Porto con me un unico rimpianto: l’anno prima della maturità ho letto come un pazzo, letteratura francese, americana, Steinbeck e Fitzgerald, che amo moltissimo. Adesso faccio fatica, per questo vorrei tornare indietro a quegli anni». Anni comunque complicati, gli anni Settanta. «Pensi, per combinazione ero il presidente dell’assemblea studentesca quando il Dante è stato occupato per protesta dopo la firma del Trattato di Osimo. Quella volta l’80% di noi ragazzi l’aveva votata, la prima occupazione nella storia del Dante. Osimo ci aveva toccato tutti. Così la scuola è rimasta in mano agli studenti per 3-4 giorni. Io? No, non dormivo dentro, i miei non me lo avrebbero mai permesso...»

Studente “ligio”, insomma. «Ero e sono un curioso, mi piacevano tutte le materie. Certo, preferivo quelle letterarie, e dopo la maturità ho passato l’estate a chiedermi se fosse meglio iscrivermi a lettere alla Normale di Pisa o a medicina. Il dubbio: giornalista o scienziato? Alla fine la prospettiva di fare ricerca ha vinto, e del giornalista mi è rimasta la passione nella divulgazione scientifica». E la maturità? «Momento complicato. Avevamo la commissione esterna, severissima: delle 4 sezioni del Dante di allora sono usciti solo due 60: uno era il mio. Uno stress».

Giacca ha parlato giovedì 14 marzo del rapporto tra il liceo classico e la scienza, di come si “fa” la scienza. «Cose pratiche: qual è il percorso dello scienziato, come funzionano i finanziamenti, cosa vuol dire pubblicare, le doti dello scienziato, oggi sempre più un manager che deve gestire risorse umane e soprattutto cercare finanziamenti». Più difficile arrivare alla finale nazionale di pallavolo oppure ottenere qualche contributo? «Non ho dubbi: la finale. I fondi, almeno quelli a livello internazionale, ci sono. È in Italia che non esistono più». No, domanda posta male. Quella giusta doveva essere: più facile ottenere i contributi o allenare un sestetto femminile? Probabilmente però la risposta sarebbe stata la stessa...

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