Hera supera Iren nella gara AcegasAps

Tommasi di Vignano e Manca hanno presentato un’offerta “forte” ai sindaci Cosolini e Zanonato e ai vertici della multiservizi
Di Sergio Carlin

MILANO. Hera accelera e supera Iren nella gara per arrivare all’aggregazione con AcegasAps. Sollecitati dalle scadenze della legge Ronchi e dall’invito all’azione giunto dal Ministero dello Sviluppo economico di Corrado Passera, i vertici della holding dell’area Emilia-Romagna e Marche hanno deciso di entrare nel vivo della trattativa interpellando direttamente i sindaci di Trieste (Roberto Cosolini) e di Padova (Flavio Zanonato), i due Comuni che detengono insieme il 64% dell'utility veneto-giuliana.

A muoversi non è stato solo il top management del gruppo con sede a Bologna: a scendere in campo è stata anche la politica, una componente che nelle operazioni di merger&acquisition tra le multiutility conta quasi sempre più delle stesse ragioni del business.

Il presidente esecutivo Tomaso Tommasi di Vignano, affiancato dal presidente del patto di sindacato di Hera, il sindaco di Imola Daniele Manca, ha gradualmente serrato le fila del dialogo con la controparte, arrivando la settimana scorsa ad avere un incontro, probabilmente decisivo, con Cosolini, Zanonato, il presidente di AcegasAps Massimo Paniccia e l’amministratore delegato Cesare Pillon.

Potendo far leva su una solidità di bilancio ormai rara nel panorama italiano delle super-indebitate multiutility regionali, Manca e Tommasi di Vignano sono stati in grado di presentare un’offerta difficile da rifiutare: gratificante dal punto di vista del prezzo e rassicurante dal punto di vista delle rappresentanze del territorio nel soggetto post-aggregazione AcegasAps- Hera. Secondo indiscrezioni, infatti, il concambio azionario è vantaggioso e prevede anche una parte cash.

Inoltre, sia Trieste sia Padova piazzeranno un loro rappresentate nel consiglio di amministrazione della grande Hera che, partendo da Trieste, si estenderà lungo la dorsale adriatica del Nord Italia.

Cosolini e Zanonato avrebbero mostrato il loro apprezzamento e si sarebbero impegnati a dare una risposta compiuta e definitiva in tempi stretti. A Bologna sono fiduciosi sulla possibilità di ottenere nel giro di una decina di giorni una lettera di impegno alla trattativa in esclusiva, il punto di partenza per un approfondimento delle questioni societarie e degli aspetti tecnici dell’integrazione, punti sempre molto delicati in questo settore.

Nella fase esplorativa dei colloqui e nell’incontro non si è parlato delle modalità del merger: resta, infatti, da chiarire se Hera procederà con l’incorporazione, seguendo il consueto schema utilizzato nelle 15 aggregazioni portate a termine negli ultimi dieci anni. Vista l’importanza di Trieste e Padova, sia in termini di apporto di asset sia di solidità finanziaria e sia di blasone, a Bologna si potrebbe decidere di concedere ad AcegasAps la stessa autonomia societaria concessa alle utility marchigiane.

AcegasAps si prepara così ad andare a fondo nella trattativa dopo i recenti colloqui con Iren e dopo il mancato matrimonio del 2010 con la lombarda Linea Group Holding (che mette assieme le municipalizzate di Cremona, Pavia, Lodi, Rovato e Crema). Rispetto a due anni fa, la municipalizzata padovano-triestina può mettere in campo, oltre alla solidità del bilancio, una massa critica da soggetto sovra-regionale: la società guidata da Paniccia è reduce infatti da un periodo di grande attivismo culminato con l’acquisizione, in joint venture con Italgas (Snam), delle attività energetiche della ex Iris di Gorizia. Un progetto industriale che prevede la possibilità di offrire metano in quattro province nordestine, partendo da una base di 470mila utenti dislocati in 76 comuni.

Dall’altra parte Hera offre credenziali operative e di coesione tra i soci stabili che Iren, oggi, non è in grado di mettere sul tavolo del negoziato. Il gruppo che ha tra i soci di maggioranza i Comuni di Bologna, Modena e Ravenna, negli ultimi dieci anni ha quadruplicato i ricavi a 4,3 miliardi e più che triplicato il margine operativo lordo a 645 milioni. La crescita non ha portato scompensi alla struttura finanziaria, il picco degli investimenti è stato toccato nel 2006 ed ora il debito è poco sotto i due miliardi. Biglietto da visita che costituisce, al contrario, il punto dolente di Iren: il parametro debito/Ebitda è oggi a 3,1 volte, uno dei più bassi del settore, atteso in ulteriore discesa a 2,7 volte nel 2015.

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