Hera manda in frantumi la maggioranza

La delibera sul nuovo patto di sindacato passa per un soffio in Consiglio comunale. La sinistra, escluso Reali, vota contro
Di Fabio Dorigo
BRUNI TRIESTE 13 05 06 MARIO REALI DIRETT SANITARIO TS
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La delibera sul nuovo patto di sindacato di Hera? A Trieste diventa un caso psichiatrico. La maggioranza di centrosinistra si spacca, mentre la giunta si salva per un voto. Il sindaco Roberto Cosolini conquista l’agognato documento ma non potrà esibirlo all’assemblea del 28 aprile a Bologna (non c’erano i numeri per votare l’immediata eseguibilità). Determinante la scelta di Mario Reali (psichiatria democratica) che, scisso in due, preferisce l’amministrazione in carica alle direttive del partito (Sinistra ecologia e libertà). «Sono entrato in Sel, di cui ho rinnovato la tessera 15 giorni fa, per stare al governo. E quindi appoggio la scelta della giunta Cosolini» ha dichiarato in aula annunciando il suo voto a favore al provvedimento che “libera” 25 milioni di azioni Hera (maggioranza pubblica dal 51% al 38%). Il basagliano Reali non segue la disciplina del partito a differenza della democratica Tiziana Cimolino che al Pd ha venduto l’anima referendaria camminando sulle acque. Pure Cesare Cetin (ex Idv) vota a favore della privatizzazione nonostante fosse tra i promotori del referendum sull’acqua.

Il consiglio comunale, riconvocato in fretta sul “caso” Hera dopo l’infortunio del numero legale, termina alle 3 di notte. La delibera sul nuovo patto di sindacato passa con 20 sì, 18 no e un astenuto (il socialista Roberto De Gioia). A votare contro, oltre all’opposizione, i due consiglieri della Federazione della sinistra (Marino Andolina e Iztok Furlani›) e due rappresentanti di Sel (Marino Sossi e Daniela Gerin). Delibera passata, ma non immediatamente esecutiva (non ci sono i 21 voti). Morale: il sindaco all’assemblea di Hera, a Bologna, convocata martedì 28 aprile, potrà forse prendere la parola, ma non votare. «Non è un grosso problema, l’importante è essere rimasti all’interno del patto di sindacato» spiega Cosolini.

«Il voto dell’altra sera era prevedibile. È una delibera sofferta. Le diversità di vedute erano già emerse nella verifica di fine marzo. C’è bisogno di un nuovo confronto per vedere se è pensabile un futuro assieme o meno» aggiunge il sindaco rivolto a Sel e Fds. «Rispetto la posizione di principio di Sel che è nazionale. Non ho apprezzato invece che alcuni emendamenti della Federazione della sinistra fossero peggiorativi addirittura del no alla delibera. Uno addirittura voleva bloccare tutte le azioni massimizzando il danno. Questo lo considero un fatto molto grave e serio».

A sinistra, in effetti, la situazione è grave, ma non seria. Non troppo ancora. «Non siamo contenti. Chiederemo un chiarimento a Reali. Il partito aveva chiesto di essere compatti» attacca la coordinatrice provinciale di Sel, Sabrina Morena che non esclude provvedimenti nei confronti dello psichiatra dissidente. «Quello che è successo è un dato pesante. Una rottura grave. Per la seconda volta, dopo la Ferriera, votiamo contro il programma elettorale. Ci sono anche accordi firmati con il sindacato. Non so dove vogliamo andare. Il Pd ha deciso di fare quello che vuole? Allora, siamo liberi tutti. Una maggioranza aperta come le coppie moderne» sintetizza Marino Sossi, capogruppo di Sel. «Non so se siamo dentro o fuori la maggioranza. Non so davvero dove stia questa maggioranza. E non so neppure in che partito stia Reali» aggiunge Sossi. Più dura la Federazione della sinistra. «La delibera consiliare sulla cessione delle azioni di Hera ha creato una spaccatura tra i componenti della maggioranza che potrebbe col tempo diventare insanabile» spiega il capogruppo Marino Andolina che non nasconde che l’uscita della Fds dalla maggioranza sarebbe diventata realtà se fosse passato il subemendamento di Roberto Decarli e Igor Svab a quello presentato da Alessia Rosolen (Un’Altra Trieste) che avrebbe dato mano libera al sindaco nella vendita futura di azioni Hera.

Durissimo Furlani›, presidente del Consiglio comunale: «È chiaro che da ieri il programma del sindaco è diventato carta straccia. Non ci sentiamo più legati a quel programma, visto che è il sindaco il primo a non rispettarlo». E la maggioranza? «Quale maggioranza» chiude lapidario Furlani›. Ubi maior minor cessat.

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