Hangar del Trieste Airport negati ai charter privati

Senza esito finora il pressing avviato su Enac e Regione per autorizzare l’accesso al Varco 2 B nello scalo. Le aziende: «Ma così si penalizza un settore in crescita»

TRIESTE L’aviazione privata è un mercato piccolo, ma che potrebbe comunque dare un contributo al rilancio dell’aeroporto regionale in tempi di pandemia. E invece, la denuncia è di un pilota in pensione, il triestino Paolo Palaskov Begov, da tre anni, e quindi da ben prima dell’emergenza coronavirus, la limitazione dell’accesso agli hangar del cosiddetto Varco 2 B, impedisce le iniziative di aziende «che potrebbero far rinascere nello scalo di Ronchi dei Legionari business, turismo e manutenzione». Si parla dei soli hangar disponibili, strutture costruite negli anni ’80 e per le attività aeronautiche collegate all’aeroporto.

Palaskov Begov ha da qualche mese lasciato la cabina di pilotaggio per raggiunti limiti d’età: «Il tetto è quello dei 65 anni. Ero preparato, ma non nego che mi manca il cielo».

Comandante dal 1978, alle spalle un’esperienza quarantennale nel settore dell’aviazione privata, promotore della società per azioni FriFly che a cavallo degli anni ’90 operava sei aeromobili al servizio delle più importanti aziende della regione (tra i maggiori soci-utilizzatori Danieli, Pittini, Cogolo, Snaidero, Zoppas, Assicurazioni Generali, Illy), due dei quali anche attrezzati per aeroambulanza, Palaskov Begov è oggi referente della Fly-Direct, una delle società che aspirerebbero a servirsi degli spazi preclusi al Trieste Airport. Con un dossier di documenti in mano, l’ex pilota indica l’ultima di una serie di lettere inviate ai vertici dell’aeroporto, all’Enac e ai funzionari della Regione per ribadire la richiesta di poter accedere agli hangar. «La limitazione è dovuta ufficialmente a un problema di sicurezza, che è stato notificato nel 2002 – spiega –. Sulla base di una nota Enac di quell’anno la direzione degli aeroporti del Nordest rifiuta di concedere il transito per il Varco 2 B, ma si tratta di una posizione che riteniamo del tutto incongruente visto che fino al 2010 è stato regolarmente utilizzato da Air Dolomiti prima del trasferimento a Verona, mentre Elifriulia continua a servirsene per attività di scuola e altro».

Inoltre, insiste Palaskov Begov, «abbiamo da tempo informato Enac Roma, che nel frattempo è stata coinvolta, che la nota del 2002 è completamente superata dal Regolamento Ue 300/2008 e da una circolare interpretativa del maggio 2019. Oltre alla Fly-Direct altre due aziende, Aero Engineering-Team e una società di charter francese, sono pronte a iniziare le operazioni, ma sono bloccate da questa insensata limitazione». L’area è tra l’altro dotata di videocontrolli remoti, anche perché appunto già utilizzata da Air Dolomiti e più lontano negli anni da Minerva. «La procedura proposta, che giace sui tavoli della direzione aeroportuale Nordest Enac, garantisce la massima sicurezza – assicura l’ex pilota –, giacché transiterebbero per quel varco solo aeromobili per essere posizionati, dal personale autorizzato, sul piazzale di sosta, mentre equipaggi, passeggeri e bagagli seguirebbero le normali vie di imbarco dell’aerostazione».

Ad oggi, però, ancora nessuna risposta: «L’auspicio è che la limitazione venga rimossa e che, ora che l’aeroporto è aperto dopo la sospensione da “lockdown” , si possa iniziare attività che porterebbe indubbio giovamento all’economia regionale». –


 

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