Guida al pagamento
TRIESTE Da tre anni, per la stragrande maggioranza dei proprietari di immobili, il gesto era diventato ripetitivo, ancorché poco piacevole trattandosi di tasse da pagare: per versare l’Imu o la Tasi bastava copiare il contenuto del modulo di dodici mesi prima su quello nuovo e sottrarre identica somma al bilancio familiare. Il 2019, invece, porta con sé alcune novità, con cui potrebbe fare i conti soprattutto chi possiede una tra i 7 milioni di seconde case che punteggiano i Comuni italiani. La più evidente: anche se non ci sono state rivoluzioni nelle regole di base per il calcolo e il pagamento delle imposte sugli immobili, da quest’anno i sindaci non hanno l’obbligo di tenere bloccate le aliquote che determinano l’importo finale, ciò che dal 2016 in avanti aveva impedito di aumentare Imu e Tasi. In soldoni, significa che nelle località in cui non era già stato raggiunto il tetto massimo, nel 2019 si può salire fino al 10,6 per mille, con un’ulteriore maggiorazione dello 0,8 per mille nei grandi centri. Qualcuno ha già colto al volo l’occasione: tra i capoluoghi, un Comune su 10 ha rivisto verso l’alto l’Imu. Forse, anche per via delle elezioni, la quota di chi ha deciso gli aumenti da gennaio a oggi è rimasta abbastanza contenuta, ma le civiche amministrazioni hanno tempo fino agli ultimi giorni del prossimo ottobre per decidere eventuali ritocchi.
Occhio alle novità
Anche quelle che avessero già fatto una scelta - che sia di conferma, di aumento o di riduzione - possono tornare sull’argomento e assumerne una nuova. Il 2019, insomma, è un anno che dal punto di vista di casa e tasse richiede una certa attenzione. E, proprio per richiamare la necessità di non perdere di vista il quadro generale anche nei mesi successivi al versamento dell’acconto in scadenza il 17 giugno, abbiamo realizzato questo speciale. Ricordiamolo subito: si può comunque pagare con gli stessi importi del 2018, salvo però effettuare un conguaglio a dicembre nel caso la situazione delle aliquote nel proprio Comune sia già cambiata, o venga modificata entro ottobre. Nel dossier spieghiamo chi riguardano le novità, come comportarsi per non incorrere in errori ed eventualmente come rimediare. In più offriamo una panoramica dei maggiori centri della propria e di altre regioni per spiegare se i Comuni hanno assunto decisioni in tema di imposte sugli immobili, per il cui dettaglio è sempre bene confrontarsi con gli Uffici tributi delle singole località. Anche perché, al di là delle regole generali valide per tutti i contribuenti, ogni civica amministrazione nel corso degli anni ha spaziato (e a maggior ragione può farlo nel 2019) con modifiche ed eccezioni diventate un puzzle complicatissimo: oggi come oggi, per pagare Imu o Tasi, ci si deve misurare con oltre 200 mila aliquote incrociate fra le due tasse da un capo all’altro d’Italia.
Tra passato e futuro
Del resto il ritornello su peso e complicazione del Fisco che bussa alla porta di casa è uno dei più familiari ai governi che si sono succeduti dall’avvento dell’Imu in poi. Consegnata al dimenticatoio la riforma del Catasto, come sempre accade in tempi di versamento di acconto o saldo di Imu o Tasi torna a galla l’ultima ipotesi di revisione del sistema, che era stata avanzata dalla Lega a fine 2018 sotto forma di proposta di legge, con 13 articoli che andrebbero a rimodellare le due imposte per ridurle a una sola. Un’idea che il comparto immobiliare ha accolto con una precisazione: vanno bene le semplificazioni, non ulteriori balzelli o nuovi aumenti.
Di sicuro gli immobili, dall’Ici in avanti, sono diventati per i governi una sorta di bancomat: assicurano 40 miliardi di euro all’anno tra imposte sui redditi, patrimoniali e tasse sulle compravendite. Se poi contiamo la Tari sui rifiuti, saliamo a 50. Anche dopo la cancellazione della tassa sulla prima casa, oltre metà delle entrate totali (20,2 miliardi nel 2018) sono garantite da Imu e Tasi. Come illudersi che si torni indietro? —
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