Guerra nei Balcani, disposta la cancellazione dei luoghi memoria del massacro di Kravica in Bosnia: vennero fucilati 1.300 uomini

BELGRADO Si può “cancellare” un luogo di dolore e memoria, teatro di uno dei più orribili massacri di una guerra, una vera e propria esecuzione di massa? E chi vuole farlo da quale disegno è mosso, se non da quello di negare il crimine? Sono domande che circolano con sempre maggior insistenza, in Bosnia-Erzegovina, teatro del terribile conflitto degli Anni Novanta nel cuore dei Balcani.
Da giorni nel Paese si discute del caso Kravica, un termine che ancora raggela il sangue di vittime e sopravvissuti. Proprio a Kravica, infatti, nel luglio del 1995, si compì uno dei massacri più terribili nell’ambito di quello che è conosciuto come il genocidio di Srebrenica. Lì, in alcuni capannoni della cooperativa agricola del villaggio, situato a poca distanza da Srebrenica e Bratunac, circa 1.300 uomini bosgnacchi, trasportati in quel punto con degli autobus, furono sterminati a fucilate dai miliziani serbo-bosniaci agli ordini di Ratko Mladic, oggi in carcere a vita per genocidio e crimini di guerra.
Un massacro di cui alcuni attimi furono casualmente filmati in un breve video, girato da un’auto in corsa. Vi si vedevano cataste di corpi crivellati di colpi, addossati a uno dei muri bianchi della cooperativa, accanto una corriera ormai vuota, sotto lo sguardo di miliziani armati. «Le esecuzioni iniziarono di notte, mi rifugiai in un angolo e chiusi gli occhi», i killer «sparavano, poi si riposavano tra una pausa e l’altra e ricominciavano», le testimonianze di alcuni dei pochi sopravvissuti, raccolte dal Tribunale penale per l’ex Jugoslavia.
I muri di Kravica sono rimasti com’erano nell’atroce estate del 1995. Fino a oggi, almeno. Ma il destino del luogo della strage – in una Bosnia dove il negazionismo rimane un problema serissimo - appare segnato. È quanto prevede un progetto di «ricostruzione e risanamento» dei quattro capannoni dove si consumò il massacro, pianificato dal locale comune di Bratunac e approvato dal governo della Republika Srpska, l’entità politica dei serbi di Bosnia.
Il progetto, del valore di qualche decina di migliaia di euro, prevede anche la “cancellazione” dei fori di proiettile che, ancora oggi, visivamente riportano indietro alla strage, hanno denunciato i media locali. Cancellazione che è una scandalosa negazione del massacro, hanno urlato allora in coro vittime e sopravvissuti, in una vera e propria sollevazione generale. «Quello che vediamo oggi è la continuazione del lavoro di Mladic» e molti degli assassini del 1995, la bassa manovalanza, «vivono ancora oggi a Bratunac, forse fra gli operai che lavoreranno ai capannoni ci sono anche loro», ha sostenuto Emir Suljagic, direttore del Memoriale di Srebrenica.
Kravica dovrebbe essere trasformata «in luogo di commemorazione», non si cancellino le tracce della strage, ha chiesto anche Husein Kavazocic, il numero uno della comunità islamica in Bosnia, mentre altri politici e giuristi hanno parlato di «serbizzazione» di Bratunac attraverso l’eliminazione delle prove dei massacri. «La cosa peggiore» è che davanti a un fatto che riguarda « quello che è un luogo di sofferenza, la comunità internazionale rimane in silenzio», ha levato la sua voce anche Suhra Sinanovic, presidentessa dell’Associazione delle donne di Podrinje Bratunac, 23 familiari uccisi a Srebrenica.
Ma qualcosa si muove. Lo confermano le dure parole di Washington, che ha detto di «monitorare» la questione e stigmatizzato il progetto di restauro. Banja Luka ha il dovere di «proteggere» luoghi come Kravica, hanno detto gli Usa. E non di trattarli come edifici qualsiasi, senza una storia tragica alle spalle. Da non cancellare con intonaco fresco.
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