Guerra delle radio nelle aree di confine: la Slovenia contro Radio Maria
TRIESTE Gli sloveni protestano: l’uso non coordinato delle radiofrequenze causa interferenze nelle aree confinarie. Aumentano - a loro giudizio - le trasmissioni italiane oltre-confine. Lubiana lamenta una ormai decennale “disattenzione” riguardo tale questione nonostante gli incontri bilaterali, nonostante la mediazione della Commissione Ue, nonostante le note diplomatiche trasmesse dal ministero degli Esteri sloveno.
Gli organi di informazione preannunciano un’offensiva legale autunnale, che dovrebbe articolarsi su sei denunce contro emittenti radiofoniche italiane. Prima che scattino queste azioni, viene comunque preannunciata per settembre una visita a Roma da parte di Rudy Medved, ministro della Pubblica amministrazione: tenterà di trovare una soluzione politica prima che la parola passi agli avvocati.
Piero Gerin, avvocato triestino, squaderna sul tavolo del suo studio in via Carducci le traduzioni degli articoli apparsi nel corso di quest’estate sulla stampa slovena. E vorrebbe tanto capire i motivi dell’offensiva stagionale. «Tra l’altro gli sloveni sostengono - ragiona Gerin - che ci sono tre gruppi italiani, operanti nel campo dell’emittenza radiofonica e finanziariamente potenti, in grado di permettersi procedimenti legali sulla vicenda delle interferenze. In realtà E-Sphera, Radio Dance, Radio Maria non partecipano a grandi consorzi e si sono sobbarcati significative spese per affrontare le liti giudiziarie con la controparte slovena».
Già, perché ci sono precedenti giudiziari in questo duello confinario a base di interferenze. Tredici anni di giurisprudenza davanti a fori italiani tendono ad accreditare le ragioni “tricolori”, cioè che sono state le radio italiane a essere “interferite” da quelle slovene, non viceversa: vedi Tribunale di Gorizia, Tribunale di Trieste, Tribunale di Treviso, Corte d’Appello di Trieste. E la recente sentenza della Cassazione, che a sezioni unite ha riconosciuto la giurisdizione italiana nelle cause per interferenze, poiché l’Italia - cita Gerin - è il luogo in cui il danno si è verificato.
La battaglia incrocia argomenti tecnici e giuridici. L’avvocato triestino, che ha patrocinato una parte di queste cause insieme ai colleghi Del Torre (Gorizia) e Vaccaro (Firenze), elenca i terreni di scontro. A cominciare dall’iscrizione degli impianti, per i quali la parte italiana fa riferimento al “censimento” previsto dalla legge Mammì (223/1990), mentre gli sloveni si appellano a registrazioni internazionali. C’è un problema - rammenta Gerin - di sbilanciamento nell’iscrizione degli impianti, visto che la Slovenia ne ha segnalato all’International frequency registration board (Ifrb) ben 348 contro i 194 italiani, come rilevato in una riunione dell’Uit (Unione internazionale delle telecomunicazioni) tenutasi nel 2017, nonostante la differente dimensione del territorio nazionale. C’è inoltre discussione sull’uso italiano di frequenze assegnate a emittenti slovene, ma Gerin sostiene che «le emittenti italiane utilizzano le frequenze destinate al servizio di radiodiffusione nella banda MHz 87.500-104 indicate nel piano nazionale di ripartizione che richiama il regolamento internazionale delle radiocomunicazioni. Sia le emittenti italiane che quelle slovene - è il parere di Gerin - possono usare le stesse frequenze di quella banda all’interno del territorio nazionale, se munite dei titoli rilasciati dalle rispettive amministrazioni». —
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