Greensisam, Maneschi rimanda la vendita
Non è un dietrofront, ma una piccola retromarcia sì. La sdemanializzazione del Porto Vecchio che sarà possibile con l’emendamento inserito nella Legge di stabilità dal senatore Francesco Russo ha indotto Pierluigi Maneschi non solo a differire la vendita di Greensisam, ma anche a tenersi una parte della società. Forse è già un primo piccolo risultato positivo innescato dalla rottura di un immobilismo che perdurava da decenni. «Indubbiamente la sdemanializzazione viene a mia favore perché potrò vendere e non svendere Greensisam - annuncia il proprietario della società che ha in concessione per novant’anni i primi cinque magazzini e le aree attigue - ma per portare a termine l’operazione a questo punto mi conviene attendere di sapere ciò che il Comune intende fare dell’intera area. Per Greensisam non intendo spendere più un euro, ma con il ricavato della vendita potrò anche tenermi alcune quote della società». Maneschi dunque ha deciso di non sfilarsi completamente anche se non ci pensa proprio di rinunciare alla vendita. «Sebbene siamo forse di fronte a una svolta - commenta - sono rimasto già troppo scottato: ho buttato via 9 milioni di euro in 14 anni di inutile attesa. Pensavo fosse un’operazione molto più facile, ho sottovalutato le difficoltà. Quello in Porto Vecchio non è un business che possa essere sviluppato da me che concentrerò tutte le mie risorse sul Molo Settimo (è anche il proprietario della società terminalista, ndr.). Di conseguenza sto portando avanti la trattativa con la società di sviluppo immobiliare con la quale sono in contatto da mesi. Sono europei, ma non italiani, non mi hanno dato il permesso di fare il loro nome».
Ora la situazione in quella che può essere una Trieste 2 appare estremamente più chiara. L’urbanizzazione dell’area, la bonifica del torrente Chiave e dello specchio acqueo antistante, tutte operazioni che rischiavano di pesare su Greensisam, secondo il ragionamento del terminalista-imprenditore, ricadranno sulle spalle del Comune. «Ma comunque l’operazione Porto Vecchio non potrà avere successo - specifica - se il Comune non redigerà finalmente un masterplan complessivo e soprattutto se si proseguirà come è stato fatto con il Magazzino 26, restaurato con costi astronomici senza tenere conto di quella che dovrà essere la sua funzione futura e senza prendere contatto con chi vorrà e dovrà utilizzare la struttura. Ora quel Magazzino ha enormi spazi inutilizzabili e potrà ospitare al massimo un museo. Se quello è stato l’esempio pilota, si è trattato di un vero e proprio flop. I recuperi puramente conservativi non servono a nulla. Pur nel rispetto dei vincoli architettonici, bisogna allora lasciare le decisioni su come procedere con le ristrutturazioni a chi dovrà “sviluppare” i vari immobili. È quanto intendo fare io con Greensisam, dovrà essere il nuovo gruppo a decidere cosa fare dei Magazzini, come utilizzare tutti gli spazi».
Maneschi aveva annunciato la vendita della società ai primi di settembre. «Greensisam era nata come società di scopo per creare la sede per il Mediterraneo di Evergreen. Già quando dopo una decina d'anni i cinesi a causa delle lungaggini triestine hanno rinunciato per concentrare l'attività europea nella sede di Londra, aveva perso gran parte del suo significato - aveva ricordato - In Porto Vecchio ha fallito Polis con Fiat e Generali, ha fallito Trieste futura con Pacorini, ha fallito Portocittà con Maltauro, tutta gente che di operazioni immobiliari se ne intende più di me. Non potevo restare io con il cerino in mano». Dopo di allora però ci sono state la causa vinta al Tar che ha condannato l’Autorità portale a restituirgli un milione e 700mila euro e la norma di legge che passerà l’area dal Porto al Comune.
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