«Grazie a noi scongiurato il tracollo Coop»

Né “visitors” conquistatori, né sciacalli corsi a spolpare un affare “low cost”. Salvatori della Patria, semmai. Doppiamente interessati. Da una parte ad allargare il bacino di soci e fatturato. E, dall’altra, a restituire, o quantomeno a provarci, una reputazione al nome di famiglia. Che qui è scesa, evocando malagestione, posti di lavoro a rischio e risparmi perduti.
Paolo Cattabiani, il grande capo delle Coop Nordest, venuto ieri in città per dire “eccoci qua”, si scrolla di dosso in una volta il basso profilo tenuto finora, proiettando volutamente un’immagine netta del colosso delle cooperative “rosse” che lui comanda. Un colosso che - rivendica lo stesso Cattabiani - se non si fosse speso da subito nel caso Coop operaie, più che di liquidazione, ora si parlerebbe di fallimento vero: «Dopo il 17 ottobre (giorno del commissariamento del Cda di Livio Marchetti, ndr) quando ci siamo presentati in Tribunale non c’era mica la fila. Senza il nostro intervento le Operaie sarebbero fallite». «Oggi non vogliamo né un grazie né applausi, possiamo però camminare non con gli occhi bassi, bensì con la faccia e la schiena dritte», vuole sia chiaro il presidente delle Nordest in occasione della conferenza stampa di lancio della riapertura, in programma mercoledì primo luglio, degli 11 punti vendita ex Operaie - di cui otto a Trieste - rilevati con un investimento di 36 milioni, «senza contributi pubblici». Cattabiani indica più momenti di «salvataggio» delle Coop triestine per mano delle Nordest: «Nel giugno scorso (attraverso il Ccfs, il Consorzio cooperativo finanziario per lo sviluppo, braccio della LegaCoop, ndr) accordammo alle Operaie un prestito di cinque milioni per evitarne il tracollo, e poi due milioni a settembre. Su quei sette milioni abbiamo rinunciato oggi al credito privilegiato (con ipoteca sugli immobili, ndr) diventando chirografari come altri fornitori. Per questo abbiamo messo a bilancio due milioni a perdere. Dieci giorni dopo la richiesta di fallimento, il 27 ottobre, ci rendemmo subito disponibili con un’offerta all’amministratore giudiziario Maurizio Consoli. In certe circostanze abbiamo pure rifornito i negozi delle Operaie con le nostre centrali distributive sennò non ci sarebbe arrivato un chilo di pasta. Abbiamo reso così possibile, alla fine, un concordato che ha evitato il fallimento e aperto la strada alla formazione di più offerte con altri player».
La conferenza stampa, presente buona parte degli stati generali delle Nordest, si celebra all’Hotel Savoia. Teatro in contemporanea dei corsi di formazione per i 278 dipendenti assorbiti nell’operazione. «Lunedì e martedì - sempre Cattabiani – li ho incontrati tutti. Ho voluto dare loro il nostro benvenuto e soprattutto ringraziarli poiché l’accordo sindacale sottoscritto prevede la rinuncia per i primi esercizi di alcune componenti salariali ma vede anche l’applicazione del contratto integrativo Nordest, con tutte le sue tutele e garanzie». Ma il Savoia è stato anche teatro, appena quattro mesi fa, d’una sottoscrizione di massa, da parte di 400 soci prestatori delle Coop triestine, pronti a sborsare allora 126 euro a testa per farsi rappresentare da uno studio legale bolognese per il recupero dei risparmi. A Cattabiani mica gliel’avranno detta, questa coincidenza. Ma è lì, al cuore del problema della reputazione, che vuole arrivare: «Per come sono andate le cose, siamo parte lesa. Portiamo tutti lo stesso cognome, Coop, cambia solo il nome di battesimo. Però non vogliamo essere associati a quelle persone». Al secolo Livio Marchetti e compagnia, evidentemente, benché nessuno venga citato. «Da un sondaggio commissionato alla Swg - riprende Cattabiani - è emerso che qui il 56% delle famiglie ha ancora fiducia nelle cooperative di consumo. Ci aspettavamo di peggio. Il nostro obiettivo è consolidare quel 56% e recuperare il rimanente 44%. Ogni cooperativa deve essere giudicata autonomamente, la responsabilità va ricercata nella singola amministrazione e non nel sistema». Ma c’è spazio anche per un riferimento all’indotto regionale, che a Trieste innegabilmente rischia di pagare un prezzo occupazionale (i dieci di Reparto 7 a casa e i 35 in mobilità alla Cooperativa facchini dell’Ortofrutticolo, ndr) per la fine delle Operaie: «Il salvataggio - frena Cattabiani - ha permesso di mantenere a vantaggio del territorio non solo il gettito d’imposta, così strategico in una regione a statuto speciale, ma di confermare e potenziare il ruolo dei fornitori locali. Già acquistiamo in questa regione prodotti per 50 milioni l’anno, cui si aggiungono 15 milioni in servizi».
Ma l’appuntamento che più interessa alla gente è il primo luglio: «In questi giorni spediremo delle lettere a 90mila famiglie di soci triestini delle Operaie, presentando una serie di promozioni. L’1 e il 2 luglio il 10% in meno per tutti e il 15% in meno per i soci Nordest e Operaie. Ne seguiranno altre». A proposito di soci Operaie: la vecchia tessera blu potrà essere presentata alle casse fino al 31 dicembre. Consentirà di accedere agli stessi sconti riservati ai soci delle Nordest. Dal primo gennaio servirà invece la card delle Nordest: «Ai consumatori triestini soci delle Operaie - la chiosa di Cattabiani - chiediamo di metterci alla prova, se lo vorranno, e di valutarci alla luce dei fatti».
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