Grandi soci di Generali a consulto
MILANO. «Quante legioni ha Nagel?». L'interrogativo posto da Stalin in riferimento a Papa Pio XI torna a risuonare in queste ore ai piani alti di Intesa SanPaolo. Con la differenza che in questo caso non c'è alcuna ironia, ma la sincera preoccupazione di tastare il peso degli avversari nella battaglia per Generali.
Perché se a Ca' de Sass sono sicuri in merito alle proprie forze (le principali Fondazioni azioniste sembrano pronte ad appoggiare il tentativo di acquisizione, così come i grandi fondi internazionali che vedono un potenziale importante nell'operazione), di sicuro non sono disponibili a un lungo braccio di ferro fatto di rilanci e controrilanci con Mediobanca e i suoi (presunti) alleati. Preservare la forza patrimoniale e mantenere un forte flusso di dividendi, ha spiegato nei giorni scorsi il ceo di Intesa Carlo Messina, sono le condizioni irrinunciabili per la banca. Se queste certezze dovessero essere messe in dubbio, piuttosto si rinuncerebbe all'acquisizione. Ecco perché c'è la sensazione che una decisione definitiva in merito all'Opas (Offerta pubblica di acquisto e scambio) sul Leone sarà presa nell'arco di pochi giorni. In caso di nuovi rialzi per il titolo assicurativo e di contestuale correzione per quello bancario, infatti, l'operazione rischierebbe di divenire troppo onerosa anche per quello che è uno degli istituti più solidi dell'Eurozona.
Così diventa decisivo il ruolo dei grandi azionisti di Generali. Da Mediobanca (che ha in mano il 13% del capitale) non c'è disponibilità a trattare. In Piazzetta Cuccia hanno preso male l'approccio seguito fin qui da Intesa, che non ha voluto informarla prima per cercare una soluzione amichevole e si è poi sottratta a qualsiasi confronto quando le voci sull'operazione prendevano corpo. Da qui la scelta, fatta da Generali, di opzionare il 3% di Intesa in modo da sterilizzare il diritto di vota sopra quella soglia.
Più fluida appare la situazione degli altri soci importanti. Leonardo Del Vecchio è vicino a Mediobanca (che tra le altre cose ha curato la regia dell'accordo Luxottica-Essilor), ma ha sempre sottolineato di muoversi secondo logiche imprenditoriali (e quindi il profitto è prioritario) e non di sistema. Un discorso simile vale per la De Agostini e soprattutto per Francesco Gaetano Caltagirone, che negli ultimi mesi ha incrementato sensibilmente la sua quota (fino al 3,55%), avendo fiutato in anticipo la possibilità di una battaglia per la conquista del gruppo triestino.
Per altro Caltagirone si sta muovendo sempre più con un approccio internazionale (ha ceduto il controllo della romana Acea a Suez, acquistando quote del gigante francese), consapevole di come gli spazi di crescita nel mercato siano ristretti a fronte di un'economia che progredisce molto lentamente. Quanto ai fondi esteri, l'eventuale operazione carta contro carta non sembra entusiasmarli, anche se molto dipenderà dai cambi che verranno proposti.
Resta da capire quale ruolo potrà giocare Axa. Finora i francesi hanno sempre smentito di voler puntare a un'acquisizione di peso come il gruppo Generali, ma la loro posizione - assicura una fonte vicina all'operazione - cambierebbe qualora prendesse corpo l'idea di uno spezzatino, con la vendita di alcune partecipate estere del Leone. Se Allianz sembra il compratore ideale, e in tal senso vi sarebbero già stati colloqui con Intesa, è difficile pensare che i francesi decidano di restare a guardare mentre il maggiore competitor europeo si rafforza.
Infine c'è da considerare il ruolo di Unicredit, primo azionista di Mediobanca con il 9%. Oggi l'istituto di Piazza Gae Aulenti riunisce il cda per fare il punto sull'andamento dei conti nel 2016 e mettere a punto l'aumento di capitale, che dovrebbe partire tra una settimana. Probabile che si parli anche della vicenda Generali, anche se al momento le urgenze sono altre per l'istituto. E anche questo sembra giocare a favore di un affondo a breve da parte di Intesa Sanpaolo.
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