"Grande Tagliamento", blitz nazionale della Finanza parte da Gorizia sugli «appalti truccati»
TRIESTE «Un’indagine estesissima: una metastasi che è stata osservata in diretta, quasi fosse stata fatta una tac di quello che accade nel sistema di appalti delle opere pubbliche». Si riassume nelle parole del generale di divisione Giuseppe Bottillo, comandante della Guardia di finanza del Friuli Venezia Giulia, l’operazione “Grande Tagliamento”.
Ieri mattina, su disposizione della Procura della Repubblica del Tribunale di Gorizia, circa 400 uomini delle Fiamme gialle sono stati impegnati in tutto il Triveneto e in gran parte del territorio nazionale per acquisire documenti, effettuare perquisizioni e sequestrare materiali in decine di enti pubblici, società e abitazioni private. L’obiettivo è ricostruire la catena di appalti e subappalti relativi a una miriade di istituzioni, grandi e piccole, sparse tra Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Lazio, Sicilia e Sardegna. Molte di queste, hanno subito fatto sapere di esser parte offesa, precisando che stanno collaborando con gli inquirenti al fine di fare chiarezza su quanto accaduto.
Alcune procedure di affidamento si riferiscono anche a opere da realizzare in diverse aree colpite dal sisma del 2016 nel centro Italia, tra cui Norcia, San Benedetto e Tre Valli Umbre.
Secondo gli inquirenti, tra Friuli Venezia Giulia e Veneto si sarebbe formato un cartello di aziende per la spartizione degli appalti pubblici di strade, autostrade, ponti, viadotti, cavalcavia, sottopassi, gallerie, piste aeroportuali, edifici, opere fluviali e di sistemazione idraulica, acquedotti, gasdotti, opere marittime e lavori di dragaggio, impianti di bonifica e protezione ambientale per un valore complessivo di oltre un miliardo di euro. Le imprese si accordavano sui contenuti economici delle offerte da presentare alle stazioni appaltanti per spartirsi i lavori e, con questo scambio di informazioni, riuscivano così a pilotare le aggiudicazioni.
Lo scambio di informazioni riguardava le intenzioni di partecipare o meno a una gara piuttosto che a un’altra o a un lotto piuttosto che a un altro nell’ambito delle medesime gare; ma erano relative anche all’entità e ai contenuti delle offerte da formulare in modo da permettere, di volta in volta, all’impresa individuata, facente parte della “cordata di riferimento”, di aggiudicarsi l’appalto a condizioni favorevoli. Questo avrebbe portato ad alterare la regola della libera concorrenza, assicurando così maggiori possibilità di aggiudicazione all’impresa prescelta.
Le ipotesi di reato sono svariate: associazione a delinquere, turbativa d’asta, inadempimenti e frodi nelle pubbliche forniture, subappalti in violazione di legge e concussione.
Sono circa 150 i procedimenti di aggiudicazione di opere pubbliche seguite a gare indette tra il 2015 e quest’anno finite sotto la lente d’ingrandimento e di cui si sta verificando la regolarità. I provvedimenti di perquisizione e di sequestro riguardano le sedi amministrative di 120 società e i domicili di 220 soggetti ubicati, in questo caso, tra Friuli Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Puglia Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna.
Gli indagati, per il momento, sono un centinaio, ma come evidenziato dal procuratore capo del Tribunale di Gorizia, Massimo Lia, e dalla titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Valentina Bossi, il numero è in aggiornamento. Nella lista non figurano politici, ma ci sono dirigenti e amministratori delle stazioni appaltanti. Nessun arresto.
Le indagini hanno evidenziato prassi contrarie alla legge anche in ordine alla costituzione di associazioni e raggruppamenti temporanei meramente cartolari; all’utilizzo di contratti di subappalto per quote superiori al limite normativo del 30% (in cambio del riconoscimento di percentuali di guadagno); e alla falsa indicazione documentale di dotazioni logistiche e strumentali al fine di incrementare il punteggio tecnico attribuito dalle commissioni aggiudicatrici.
Dalle indagini sarebbe emerso anche che le lavorazioni sarebbero state eseguite utilizzando, talvolta, materiali non certificati, difformi da quelli dichiarati e in quantitativi inferiori rispetto a quelli richiesti e fatturati, con conseguenti violazioni anche di natura ambientale. Quanto alla sicurezza delle opere, il procuratore Lia ha assicurato che non risultano pericoli di crolli o di disastro. «Il meccanismo - ha detto - è studiato in maniera tale che una volta finita l’opera si debba poi reintervenire per la manutenzione».—
Riproduzione riservata © Il Piccolo