Grado, pietra tombale sul crac dell’Ospizio marino
Di rinvio in rinvio si è arrivati alla prescrizione. Che sarà ufficializzata nella prossima udienza fissata per il prossimo 8 maggio. Anche ieri infatti il tribunale di Gorizia ha deciso di rinviare il processo per malversazione legato ai lavori nella vecchia sede dell’Ospizio marino. Alcuni giudici del collegio erano incompatibili perché avevano in passata già affrontato, chi in sede civile chi in penale, il caso Ospizio marino. Da qui la decisione del rinvio. Che sarà l’ultimo perché a maggio, pur con la presenza dei nuovi giudici, sul processo sarà posta la pietra tombale. Come era avvenuto per la richiesta di fallimento della Fondazione, richiesta avanzata dalla Procura e rigettata dal tribunale perché presentata fuori tempo massimo.
Così sul crac dell’Ospizio marino di Grado non sarà mai fatta piena luce, su chi e per quali motivi ha creato il buco di quasi 30 milioni di euro che hanno portato alla chiusura di un istituto che funzionava e rendeva un servizio utile ai disabili. Il processo per malversazione è nato dall’indagine sul fallimento dell’Ospizio, ma se portato a compimento avrebbe potuto quantomeno chiarire i rapporti esistenti tra la Fondazione e la Regione, perché alcuni legali hanno citato alcuni esponenti regionali tra cui l’ex presidente della Regione Riccardo Illy, gli ex assessori regionali ai Lavori pubblici Gianni Pecol Cominotto e alla Sanità Ezio Beltrame, l’allora direttore dell’assessore alla Sanità Cesare De Simone. Testimonianze che decadranno anche loro, nel momento che il collegio dei giudici deciderà di non procedere per intervenuta prescrizione.
Sei sono gli imputati in questo processo: l’ex presidente del Consiglio di amministrazione della Fondazione ospizio marino Rodolfo Medeot e i consiglieri di amministrazione Amedeo Morra, Roberto Marin, Massimo Vosca, Emanuele Oriti e Mario Pamio. Il processo nasce da un contributo di 350mila euro che nel 2001 la Regione - non costituitasi parte civile - concesse alla Fondazione per la ristrutturazione e l’adattamento funzionale della sede storica di via Fiume, che si trovava in uno stato di degrado. Invece i soldi, secondo il capo di imputazione, vennero utilizzati per altri interventi nella vicina clinica Sant’Eufemia e per scopi sanitari non previsti dallo statuto dell’Ospizio marino di Grado.
La Procura della Repubblica ha sempre sostenuto che quei soldi furono utilizzati per predisporre al piano terra il sito necessario a ospitare la futura sezione diagnostica e al secondo piano le sale chirurgiche. Per utilizzare in tal modo questi soldi la Fondazione avrebbe dovuto predisporre una variante al progetto e sottoporla al nulla osta regionale. Soldi che sono stati restituiti alla Regione, anche se ciò non estingue il reato.
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