Gottardo esce di scena: «Ora con Forza Italia servono facce nuove»

Il coordinatore Pdl: «C’è bisogno di premere il tasto “reset” Il ruolo di Tondo? Ha commesso errori ma resta una risorsa»
Di Gianpaolo Sarti
Palmanova 5 Settembre 2009. Congresso PDL. Telefoto Copyright / Foto Agency Anteprima
Palmanova 5 Settembre 2009. Congresso PDL. Telefoto Copyright / Foto Agency Anteprima

TRIESTE. Il cuore del Pdl in Consiglio regionale ha smesso di battere alle 11 e 13 di venerdì. L’atto di morte è stato certificato dal capogruppo Alessandro Colautti, in uno scarno comunicato. Al coordinatore del partito che fu, Isidoro Gottardo, il compito di traghettare le anime a nuova vita. Se Gottardo sarà un Caronte o un agnello pasquale, si vedrà. Passato dall’altra parte della riva, abbandonerà la barca al suo destino forzista. Questa, dunque, è un’intervista postuma. Di un “quasi ex”, ormai. E, come tutte le cose postume, rivela retroscena inediti, come i dubbi sulla candidatura di Tondo alle regionali.

Dopo mesi di veleni il vecchio leone democristiano esce dalla gabbia del silenzio e si abbandona a un lungo sfogo. Non parlava dal giorno della vittoria di Serracchiani. Capro espiatorio di una serie di batoste elettorali, ha avuto contro molti. Ora basta: «Finalmente riesco a dormire sei ore di fila», confessa. Sindaco a Sacile, consigliere regionale e assessore, membro Ue del Comitato delle Regioni, presidente del Ppe, parlamentare e coordinatore in Fvg, può tirare un respiro. “Reset”.

Partiamo con un passo indietro: perché avete perso le elezioni?

Settembre 2012, Tondo è nettamente in vantaggio su Serracchiani. A febbraio 2013 il margine si annulla. Tondo, che ha grandi meriti, ha commesso errori. Ma pochi ricordano che dopo il 2008, a un anno dal suo insediamento, ha fatto i conti con una crisi devastante, obbligandolo ad affrontare emergenze su emergenze che hanno portato a distogliere energie dall’attuazione coerente di un programma che avrebbe potuto generare una regione più liberale, meno burocratica, capace di dare un senso compiuto all’autonomia.

Tondo era il leader adatto per battere Serracchiani?

Racconto un aneddoto inedito. A un certo punto ho avuto l’impressione che questa crisi lo avesse profondamente provato, rischiando di arrivare in campagna elettorale senza la necessaria freschezza. Quindi gli proposi di candidarsi capolista al Senato, in modo da trainare la squadra alle politiche e valutare poi – decisione difficile da far capire – se continuare a guidare la Regione o indicare un’alternativa.

Cosa rispose?

Prese seriamente in considerazione la cosa, ma poi ritenne che una scelta del genere avrebbe potuto essere interpretata come un abbandono dalle responsabilità. Dopo la vittoria di Serracchiani però mi confessò una cosa.

Cosa?

Era dispiaciuto della sconfitta, ma era consapevole che avrebbe messo fine all’angoscia che lo aveva tormentato nell’ultimo anno. Il peggior periodo della sua vita. L’angoscia di aziende che chiudevano, persone che perdevano il lavoro, l’impossibilità di avere risorse sufficienti per dare sostentamento alle famiglie. Comunque avremmo vinto se la partecipazione al voto non fosse crollata e se avessimo puntato all’election day. Ma Tondo si rifiutò perché voleva portare a termine la riduzione dei consiglieri, della spesa pubblica e il taglio del debito. Per lui non era uno slogan elettorale, ma una fissazione. Va ricordato comunque che il Pdl e la lista civica hanno superato la percentuale del 2008, ma sono scesi gli alleati, soprattutto la Lega priva di Fontanini.

Con Fi Tondo resterà il leader del centrodestra?

Renzo rimane una grande risorsa per le sue doti umane e per la sua capacità di governo. Dipenderà da lui, ma conoscendolo non verrà meno alle sue responsabilità di opposizione costruttiva a Serracchiani.

Lo candidate alle europee?

Non possiamo prefigurare cosa accadrà tra un anno. Ma da qui a primavera vedremo grandi battaglie.

Cosa sarà Fi in Fvg?

Apriamo una finestra, ricambiamo l’aria viziata e premiamo il tasto “reset” per rendere protagonista gente nuova, con uno sguardo forte al futuro per rompere conservatorismi e cristallizzazioni. A Roma e qui. L’obiettivo è costruire un club di Fi in ognuna delle 1.374 sezioni elettorali.

Il capogruppo in Consiglio rimane Colautti?

Il gruppo ha autonomia di decidere. Io credo che lui abbia tutte le capacità per essere la sintesi di un gruppo consiliare forte di tante personalità.

Stoppa le ambizioni di Riccardi? Lui ambisce a un ruolo di peso in Fi e si dice stia preparando la candidatura tra cinque anni. Vero?

Non ho mai agito per stoppare nessuno e credo che Riccardi, da presidente della Commissione controllo, abbia la possibilità di fare un lavoro importante.

In questi mesi l’hanno indicata come il responsabile delle sconfitte elettorali. Ingratitudine?

Si dimenticano cos’era il centrodestra dopo il terremoto del 2003 e di cosa ho fatto per ricostruire. Ho messo tutto me stesso: in qualcosa ce l’ho fatta, come la vittoria del 2008. Però a volte non sono riuscito a esercitare il mio ruolo con più energia. Ma nessuno mi può accusare di avere lavorato per assicurarmi un posto al sole. Questo esempio dovrebbe essere raccolto da altri. Dopo la sconfitta delle regionali sono rimasto al mio posto perché Berlusconi mi ha chiesto di continuare e di non farmi vincere dalla delusione. Semmai quello era proprio il momento per garantire il mio servizio. Dipiazza ha detto che avrei dovuto dimettermi e che sarei stato riconfermato: giochetti che non fanno per me. A proposito di ingratitudine, cosa dovrebbe dire Berlusconi di esponenti in Fvg che da lui hanno avuto opportunità enormi e poi gli hanno voltato le spalle?

Nella nuova Fi lei cosa farà?

Prima devo assicurare la riuscita della raccolta firme per il referendum dei Radicali, poi lavorerò per portare a termine gli adempimenti del passaggio Pdl-Fi. Dopodiché credo che quel pulsante rosso debba essere schiacciato a livello nazionale e poi, a caduta, anche in Fvg, per consentire a Fi di rinascere libera da ogni condizionamento.

C’è movimento per prendere il suo ruolo e quello di Dressi: da Blasoni, che si prepara per il Parlamento, passando per Riccardi e Savino.

Ambizioni legittime, serve però gente nuova affinché l’impegno politico non resti confinato sempre agli stessi.

Crede sempre in Berlusconi?

Non sono riusciti a smacchiare il giaguaro con le elezioni, ci provano in altri modi. Ma il giaguaro ha sette vite perché le sue idee sono condivise da milioni di italiani.

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