Gorizia, via libera all’impianto di vigneti: ritorno al passato sul Monte Calvario
GORIZIA I vigneti potrebbero presto tornare a impreziosire i pendii del monte Calvario, oggi simbolo soprattutto del drammatico passato bellico, con le vestigia della Grande Guerra, ma un tempo terreno d’elezione per alcune delle migliori produzioni agricole goriziane. Lunedì sera, infatti, il consiglio comunale ha approvato a larga maggioranza dopo un lungo, e non sempre concorde, dibattito la variante numero 42 al Piano regolatore generale comunale, che prevede la variazione di destinazione d’uso da bosco a terreno coltivabile con vincolo a vigneto, di una porzione del monte. In particolare 2,5 ettari sul versante sud che si affaccia sull’abitato di Lucinico. Qui il produttore vitivinicolo Damijan Podversic, dell’omonima azienda agricola goriziana, vorrebbe impiantare vitigni autoctoni quali ribolla gialla, malvasia e friulano, e per questo ormai quasi otto anni fa ha intrapreso un percorso burocratico irto di difficoltà. Che, dopo il passaggio dell’altra sera in Consiglio comunale, ora farà tappa in Regione per un altro via libera, e poi dovrà tornare nuovamente al vaglio dell’assemblea civica di Gorizia.
«È un progetto di valorizzazione del monte Calvario a lungo termine, se pensiamo che, se tutto va bene, i primi vini usciranno dalla cantina tra dieci anni – racconta Podversic –: la prima vendemmia arriva dopo tre o quattro anni dall’impianto, le prime annate non possono essere utilizzate per vino di qualità visto che la vigna è giovane, e anche una volta vendemmiati i primi grappoli finalmente pronti, il vino invecchierà in cantina per un paio d’anni. Crediamo molto in questo progetto, e abbiamo voglia di lavorare: non a caso abbiamo redatto con i nostri tecnici e ingegneri la variante strutturale, per poi regalarla al Comune di Gorizia».
Podversic racconta che la sua idea parte dalla volontà di recuperare ciò che storicamente già c’era sul Calvario, ma ammette anche di essere rimasto ferito da alcune prese di posizione emerse l’altra sera in aula, da parte di chi ritiene che il suo intento possa essere speculativo, e possa mettere a rischio l’ecosistema del monte. «Mi è dispiaciuto sentire diversi commenti negativi – dice –, che partivano dall’obiezione che l’alcool fa male, per arrivare a parlare di natura minacciata. Il problema è che in Italia il concetto stesso di contadino ha un’accezione negativa, mentre nella cultura tedesca, ad esempio, i contadini sono considerati i custodi del territorio. Ecco, io mi sento così, voglio bene al Calvario e non farei mai nulla che potesse danneggiarlo».
Podversic, poi, invita anche ad una riflessione aggiungendo che «gli ingranaggi li possiamo andare a costruire in Cina, ma una grande ribolla i cinesi possono venirla a prendere solamente qui da noi». Un messaggio, questo, che si ritrova anche nelle valutazioni del consigliere comunale (ed ex assessore, che ha seguito in prima persona il percorso della variante) Guido Germano Pettarin: «Il via libera a questa variante potrà essere importante anche in futuro – dice –, perché oggi si fa ancora troppa fatica a capire quanto importante possa essere il nostro territorio dal punto di vista agricolo. Dispendiosi tentativi di portare impianti industriali non hanno avuto come sappiamo riscontri positivi, mentre guardare al futuro pensando al passato delle nostre produzioni agricole d’eccellenza può essere una chiave importante».
Se la variante 42 è stata approvata con 25 voti favorevoli di maggioranza e opposizione, 7 contrari (Cosma e Zotti per la maggioranza, Zanella, Tucci, Picco, Gaggioli e Fasiolo per la minoranza) e 4 astenuti, il sindaco Ziberna ha fatto proprio un ordine del giorno per la protezione e valorizzazione del Calvario presentato da Rossi, Collini e Peterin, che facendo sintesi di oltre tre ore di dibattito hanno chiesto alla giunta di impegnarsi perché il monte non sia preda di degrado o abbandono, ma venga invece valorizzato sul piano paesaggistico, ambientale e storico, anche in chiave turistica. —
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