Gorizia, treno vietato a un bambino disabile
GORIZIA. Lo sdegno di una madre da una parte. Le scuse della polizia ferroviaria di Gorizia dall’altra. Nel mezzo, un episodio che ha avuto come protagonista un bambino disabile di 5 anni.
Due le versioni dei fatti. La prima è quella della signora Alessia che su Facebook pubblica un racconto in prima persona interpretando il punto di vista del figlio. Con la voce del bambino spiega prima di tutto che Emanuele ama i treni, poi dice: «La mamma e il papà mi accompagnano spesso con il treno all'ospedale, come stamattina con il treno delle 8.18 ma all'ospedale non ci sono mai arrivato».
Nato con una malattia metabolica rara, il piccolo è costretto a prendere diverse medicine ogni giorno, a portare gli impianti cocleari per sentire, gli occhiali per vedere e le scarpe ortopediche con plantari per camminare bene. «Eravamo in ritardo – si legge nel post – e il treno stava arrivando, pian pianino andavo verso il sottopasso per andare al binario 2 quando un agente della polizia ferroviaria mi intimava di togliermi dalle scale poiché intralciavo con il mio lento cammino il passaggio agli altri passeggeri (beninteso nessuno si era lamentato). La mia mamma sbalordita gli ha risposto che sono un bambino disabile grave certificato… anzi era molto stupita di non ricevere aiuto! Altro che togliermi dalle scale!».
«Ma tu agente hai insistito – prosegue il racconto – insistevi nelle tue ragioni, intanto il treno partiva senza di noi perdendo così una mattinata di terapie, di ospedale… umiliandomi gratuitamente, perché io sono disabile ma non stupido». La lettera denuncia continua dicendo che quando il bambino ha visto avvicinarsi un poliziotto ha pensato che sarebbe stato aiutato, magari portato in braccio fino al binario e caricato «in un lampo sul treno», non certo ostacolato. Non finisce qui. La versione della madre si conclude con il racconto dell’ultima umiliazione, perché, anziché ricevere le scuse degli agenti, quando ha chiesto spiegazioni si è vista “elemosinare” i soldi del biglietto.
A sera il racconto è finito su Facebook. Una volta pubblicata, la storia di Emanuele è diventata virale e ora i commenti di sdegno sono accompagnati da migliaia di “Mi piace” e condivisioni; e i numeri ieri pomeriggio crescevano alla velocità di tre cifre all’ora. Solo per riportare qualche numero: alle 14 i “like” e le condivisioni erano rispettivamente 31.574 e 39.234, alle 15 avevano superato quota 33mila e 40mila, e alle 17 erano arrivati a 37mila e 42mila per sfiorare alle 18 i 40mila e i 44mila.
Sul fronte opposto, il dirigente del compartimento Fvg della polizia ferroviaria ha voluto scusarsi con la donna e con il figlio, spiegando che gli agenti avevano interpretato la situazione in tutt’altra maniera e si dicono rammaricati per quanto accaduto. «Gli operatori interessati sono tra i migliori di Gorizia per sensibilità e professionalità - spiega Francesco De Nardis -. L’episodio è frutto di un grosso equivoco. Tutto si è svolto in pochi secondi e i ragazzi non si sono accorti che il bambino fosse disabile. C’era il flusso di pendolari appena sceso dal treno e pensando all’incolumità del bambino gli hanno chiesto di spostarsi. La madre era comprensibilmente tesa per la situazione e gli agenti hanno pensato che il problema fosse il biglietto. Siamo mortificati e ci piacerebbe incontrare la signora, per scusarci di persona».
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