Gorizia sparisce dalle carte d’identità

È l’effetto più evidente della chiusura del Punto nascita. Ma è una “sospensione” a tempo: nel 2017 arriverà la Casa del Parto
Di Francesco Fain

Quando il Punto nascita venne chiuso fra mille polemiche e diverse manifestazioni di dissenso il sindaco Ettore Romoli parlò di “morte anagrafica” della città. E il concetto rendeva bene l’idea perché, dal luglio scorso, non vengono emesse più carte d’identità ai nuovi nati con la dicitura “nato a Gorizia”. E ciò continuerà a succedere almeno sino al 2017, quando cioè dovrebbe essere pronta la nuova “Casa del parto” che verrà realizzata presumibilmente nell’ex Parco Basaglia o, in alternativa, nell’area di via Tuscolano dove c’è ancora il vecchio obitorio e un vasto parcheggio al servizio dell’ex ospedale civile. Tali strutture, infatti, presuppongono la presenza (preferibilmente nelle immediate vicinanze) di un Punto nascita per gestire le eventuali emergenze: siccome a Gorizia il reparto non c’è più, gli eventuali casi complessi e le urgenze verrebbero dirottati a Sempeter. «Confermo: sino almeno al 2017 non ci saranno nati a Gorizia. Ecco perché è giusto puntare tutte le nostre carte su una una struttura dove le mamme che lo vorranno potranno partorire in modo naturale (sono escluse quindi le emergenze, le situazioni critiche e ovviamente i parti cesarei), secondo i ritmi fisiologici del travaglio, senza forzature e interventi non necessari e assistite da ostetriche esperte - spiega il sindaco Ettore Romoli -. Diciamo che sarà una versione “moderna” del vecchio parto casalingo. In Italia attualmente sono solo sei le Case del parto, tre in Lombardia, due in Emilia Romagna e una nel Lazio, ma il loro numero è in progressiva crescita per assecondare il desiderio di molte donne di affrontare un parto naturale, in un ambiente intimo, confortevole e tranquillo».

Eppure, c’era la possibilità “teorica” di vedere riconosciuta la nascita a Gorizia, pur di fronte a un parto verificatosi a Šempeter Vrtojba, appena al di là del confine. «Ma non c’è traccia del progetto legato all’aspetto anagrafico, per cui il bambino nato a Šempeter doveva risultare comunque nato a Gorizia: a non aiutare il numero veramente esiguo di mamme che ha scelto di partorire al di là del confine», spiega l’assessore comunale al Welfare Silvana Romano. «Per realizzare un simile progetto ci vorrebbe una legge: non è un percorso di facile attuazione», aggiunge il sindaco dall’alto della sua pregressa esperienza parlamentare.

Non ci saranno effetti, invece, sul versante dei periodici bilanci demografici. «Esiste un obbligo di legge - fa sapere l’ufficio statistica del Comune di Gorizia - per cui mamme e papà hanno un certo periodo di tempo per dichiarare la nascita del bambino ed effettuare l’iscrizione all’Anagrafe». Nella fattispecie, la dichiarazione di nascita può essere resa: entro 10 giorni presso il Comune dove ha sede la struttura ospedaliera in cui è avvenuto il parto o presso il Comune di residenza dei genitori (nel caso in cui i genitori risiedano in Comuni diversi, di regola, presso il Comune di residenza della madre) oppure entro 3 giorni (escluso il giorno di nascita; nel caso in cui il terzo giorno cada di domenica, il termine è prorogato al lunedì successivo, mentre se cade in un giorno festivo, diverso dalla domenica, il termine è prorogato al primo giorno lavorativo successivo) presso l’Ufficio nascite della struttura ospedaliera di riferimento. «Il bilancio demografico alla voce “nati” prende in considerazione i neoiscritti all’Anagrafe: non c’è pertanto il rischio di vedere una sequenza di “zero” nei futuri bilanci demografici», chiariscono ancora dall’Ufficio statistica comunale.

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