Gorizia, sesso tra zio e nipote: pena diminuita
Riduzione della pena di un anno da parte della Corte d’Appello di Trieste rispetto alla condanna a tre anni e sei mesi di reclusione inflitta dal Tribunale di Gorizia. Al di là della sentenza si cela una vicenda dalle tinte forti: una storia di amore e di sesso tra una quattordicenne e lo zio oggi quarantenne cominciata nel 2012. Quest’ultimo doveva rispondere del reato previsto all’articolo 609 quater del codice penale: «Soggiace alla pena stabilita dall'articolo 609 bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto: 1) non ha compiuto gli anni quattordici; 2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza».
Il parere legale. Il 609 quater ha un’articolazione molto più complessa. Ma in questa vicenda, come spiega l’avvocato Paolo Lazzeri, il punto fondamentale è che la ragazza ha sì consumato atti sessuali completi con lo zio, ma quando era già quattordicenne. La ragazza ha inoltre testimoniato che lo zio non le ha mai usato violenza, che era gentile, che era innamorata di lui tanto da sognare di avere un figlio. A denunciare lo zio erano stati i genitori della ragazza, venuti a conoscenza della relazione dalla lettura di un sms sul telefonino della figlia. Per ovvie ragioni non possiamo indicare né i luoghi né elementi che potrebbero far risalire all’identità delle parti i causa.
I lati oscuri. L’avvocato Lazzeri che in Appello ha avuto parzialmente conto delle sue ragioni - pur al cospetto della richiesta di inasprimento della pena da parte del procuratore generale - ha sottolineato come «non è stata valutata la credibilità dei testi dell’accusa, interessati e contradditori». La vicenda matura in un contesto di famiglia allargata tra separazioni e nuove parentele. Inoltre, spiega Lazzeri, «non è mai stato sentito l’abusante, non i nonni, non la zia (compagna del reo), un’istruttoria e un dibattimento che si basano solo sulle dichiarazioni interessate degli ex coniugi genitori della ragazzina».
L’avvocato riferisce che i genitori sottoposero la figlia a visita ginecologica solo un anno dopo rispetto al supposto primo rapporto completo. L’Appello ha ridotto anche a due anni e sei mesi l’interdizione dai pubblici uffici del condannato in primo grado fissata a cinque anni. L’avvocato Lazzeri si professa ottimista sull’esito completamente favorevole al suo assistito in Cassazione.
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