Gorizia, Roberto Saviano a èStoria: "Non siete un'isola, la droga passa anche da qui"

Bagno di folla al Festival per il giornalista e scrittore, che ha ricevuto il Premio FriulAdria. In mattinata l'incontro con centinaia di studenti delle scuole superiori
Roberto Saviano a èStoria (Bumbaca)
Roberto Saviano a èStoria (Bumbaca)

GORIZIA «Roberto Saviano lancia moltissimi segnali». La frase detta da Chiara Mio, presidente di FriulAdria, nel consegnare il premio della banca popolare (in collaborazione con il Premio Luchetta e Pordenonelegge) “Il Romanzo della Storia”, assieme al “padre” del Festival èStoria Adriano Ossola, ha ben riassunto il senso e la missione della prima volta di Roberto Saviano a Gorizia. Nella sua lunga giornata isontina Saviano di segnali ne ha lanciati parecchi.

Prima, al mattino, agli studenti delle scuole superiori che hanno riempito il Teatro Verdi per ascoltarlo rispondere alle loro domande. Poi alla folla che ha riempito la Tenda Erodoto per sentire la sua “Lectio Magistralis” intitolata “Leggere per resistere al male”.

Due occasioni in cui lo scrittore napoletano ha spaziato in lungo e in largo passando da racconti personali, come la prima volta che andò a presentare un suo libro a Firenze («c’erano cinque persone, fra cui una donna che dormiva e che non ho voluto svegliare»), o la difficoltà del vivere sotto scorta («si dipende dagli altri, ma tutto questo mi ha insegnato qualcosa di buono»), al ricordo di Giovanni Falcone (ieri ricorreva l’anniversario della morte), fino alla spiegazione di come la camorra impiega le “schede ballerine” per fare eleggere nei quartieri e nei piccoli centri i propri candidati. Passando per un avvertimento già altre volte lanciato: attenzione, di fronte ai tentacoli della malavita nessuno è sicuro, nemmeno nella regione Friuli Venezia Giulia.

Ma se i segnali inviati sono stati moltissimi, dal Teatro Verdi ai giardini pubblici di Corso Verdi il filo che li collegava si riassume nell’assunto per cui l’unica arma davvero efficace contro il male, contro i poteri forti, contro le ingiustizie e l’oppressione è la parola. E tutto ciò cui la parola rimanda: la cultura, la lettura, lo studio e l’analisi della storia. Citando Erodoto, Danilo Dolci, Philip Roth, Goffredo Fofi, Primo Levi e Wislawa Szymborska, Saviano ha ricordato come «a mettere davvero paura ai poteri sono sempre i lettori, più ancora degli scrittori, perché il lettore è impossibile da fermare, e perché il lettore decide di aprirsi e di capire».

Ha spiegato che «raccontare il male significa iniziare a trasformarlo», e che leggere cambia la percezione del mondo, è un rapporto a due autore-lettore simile a un rapporto d’amore «in grado di far percepire più possibilità di vita». E anche la lettura della storia, va da sè, comporta la modificazione dello sguardo su ciò che stato, libera dai falsi miti «e ti porta dentro i fatti, sei lì, con i protagonisti di quegli eventi».

E dire che la vigilia di questa visita non era iniziata sotto i migliori auspici, anche sei i primi destinatari dei “moltissimi segnali” lanciati da Saviano, i “Giovani”, per citare il tema del festival èStoria di quest’anno, non hanno lesinato il loro entusiasmo per lo scrittore.

Saviano riaccende la polemica «A Gorizia sono sgradito»
Roberto Saviano riceve a Gorizia il premio Friuladria

Vigilia di viaggio tesa, ma poi gli studenti al Teatro Verdi...
«Venire a Gorizia e poterli incontrare - risponde Saviano - è stato bellissimo, appassionante. E sì che sembrava fossi sgradito, almeno a leggere il commento del sindaco e la presenza di CasaPound che con me non c’entra nulla: pensavo che sarei arrivato a Gorizia nel momento sbagliato. Invece, l’accoglienza dei ragazzi in teatro è stata forte, pazzesca».

Si è meravigliato della parole del sindaco Romoli?
«Sono abituato a posizioni di questo tipo, a essere sgradito in maniera ben più forte: vengo spesso accusato di diffamare l’Italia, di diffamare Napoli. Ma sono accuse a cui mi sono abituato e che non mi feriscono più. Quindi, non mi hanno stupito le sue parole».

È la sua prima volta a Gorizia?
«Da scrittore sì. Sono stato, da ragazzo, a Casarsa, sulla tomba di Pasolini, facendo un pellegrinaggio laico; mi rapportavo a lui con una devozione quasi religiosa. In quell’occasione sono passato anche per altri luoghi del Friuli Venezia Giulia come, ad esempio, Gorizia e Trieste. So che in regione ci sono molti immigrati meridionali: dicono che si viva meglio qui rispetto al Veneto e alla Lombardia; vuol dire che trovano un’accoglienza diversa e sentirlo mi fa piacere».

Ma in teatro, ha detto che “da noi” la situazione non è rosea per quanto riguarda la droga...
«Il Friuli Venezia Giulia è una via privilegiata: ha sempre dialogato con l’Est Europa, da cui passava moltissima eroina negli anni ’70 e ’80; ora, ci sono le vie della cocaina. Gorizia, ad esempio, può non sentire questa presenza perché non ci sono faide, operazioni che portano via le classi dirigenti in manette per collusione; crede di essere graziata e si sbaglia. Se al Nord parli di mafia c’è l’idea che stai delegittimando, insultando, infangando la terra che ti ospita. Ma Trieste, Gorizia, e, più in generale, il Friuli Venezia Giulia, hanno una forte presenza anche di riciclaggio. Relazioni dell’antimafia parlano chiaro di una presenza, anche qui, di organizzazioni criminali. E la droga ha due tipi di logica: c’è il consumo, perché si spende molto in cocaina, e c’è il passaggio, lo snodo, nel senso che, ovviamente, non tutta la coca che arriva in regione, in regione viene “pippata”. Il traffico d’armi, invece, credo sia stato più florido un tempo».

La droga più consumata in regione?
«C’è cocaina e c’è moltissima erba “di qualità” che arriva dai canali serbo e sloveno. La Slovenia, ad esempio, con la crisi economica che sta attraversando, ha abbassato le “difese immunitarie” sul traffico, cosa che prima aveva rispetto ad altri stati dell’ex Jugoslavia: intendo dire che c’era un maggior controllo; ora ho la sensazione che abbia controlli più fragili. Ma è stato interessante aver visto al Teatro Verdi, quando parlavo di “erba buona”, molti ragazzi che annuivano, confermavano: vuol dire che, in fondo, sono cose di cui si sa».

Soluzioni possibili?
«Credo risiedano fondamentalmente nella legalizzazione. Almeno per quanto riguarda le droghe leggere. Alle scolaresche dico spesso che siccome detesto la droga, ne voglio la legalizzazione. Per le droghe pesanti è un discorso molto più complesso, difficile ma per quanto riguarda le droghe leggere si può fare davvero domani. Io penso che l’unica strategia per togliere una mole immensa di denaro alle mafie sia nel legalizzare anche le droghe pesanti ma capisco che ciò vada fatto in un secondo momento, solo dopo aver sperimentato la legalizzazione internazionale delle droghe leggere. È un discorso, quello sulla legalizzazione delle droghe, che può allargarsi alle case chiuse? Certamente, a patto di arrivare a una legalizzazione che possa essere un salto di qualità rispetto all’Olanda dove, spesso, le ragazze sono gestite da cartelli russi e nigeriani».

Libri, incontri... si ricorda, ogni tanto, di essere anche (soprattutto?) un giornalista?
«Il mio metodo resta quello del giornalista. Diciamo che uso il metodo del giornalista e l’obiettivo dello scrittore. Quella del giornalista è un’anima che tengo dentro».

La scorta la segue ovunque. Dove ama, più che altrove, vivere?
«Sto bene in America. In questo momento, vivo a New York, dove insegno e dove cerco di stare il più possibile. Certo, ci sono molte parti d’Italia dove sarebbe bello vivere. Molti amici del Friuli Venezia Giulia mi suggeriscono di venire a vivere a Trieste o in altre città della regione. Credo sia un ottimo suggerimento. Gorizia l’ho conosciuta poco e lo stesso devo dire di Trieste, ma non mi hanno “appagato”: vorrei conoscerle meglio! Mi piacerebbe poter venire qui a scrivere. E anche l’esperienza di èStoria me l’ha fatto capire».

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