Gorizia, ratti morti e incuria sul Corno

In viaggio lungo il tratto di torrente che costeggia via Cattarini. La situazione di degrado stride con il decoro dall’altra parte del confine
Di Stefano Bizzi

Non bastano le rose che sbucano da un giardino privato a cancellare, o a far passare in secondo piano, l’incuria in cui versa l’area del Corno nel suo primo tratto italiano, quello che costeggia via Catterini fino all’incrocio con via del San Gabriele. No, non bastano. La zona, oggi tombata, è abbandonata a sé stessa. Il verde straborda ovunque e a poco serve qualche pennellata di colore come, appunto, quella data delle rose citate. A rendere tutto ancora più deprimente è il confronto impietoso con la situazione d’oltre confine. Al di là della recinzione verde, divenuta oggi una sorta di monumento in ricordo della Guerra fredda, il paesaggio è completamente diverso: le aiuole sono curate e l’erba è tagliata e c’è anche la pista ciclabile. In Slovenia si è in centro città, in Italia si è nella periferia più degradata. Sotto il cemento l’acqua gorgheggia e scorre rapida. La si può sentire, oltre che dagli “sfiati” che si trovano lungo il percorso situati a intervalli regolari, anche da un buco che si è creato nella pavimentazione. Da quelle che “sarebbero” le sponde del corso d’acqua transfrontaliero, di tanto in tanto, arrivano suoni poco rassicuranti che tradiscono la presenza di una fauna di certo non gradita agli abitanti del quartiere. La prova dell’esistenza di queste presenze è data dai resti mortali di quello che fu un roditore. Che il problema degli animali sia all’attenzione dei pubblici uffici, lo dimostrano gli adesivi rossi attaccati ad alcuni pali della segnaletica stradale: “Attenzione esche derattizzanti”, si legge, ma forse non è sufficiente.

L’unica consolazione è che da queste parti almeno non si sente più la puzza che per anni ha flagellato via Cattarini e via San Gabriele. Ma tolto questo, c’è poco di cui stare allegri.

«Gorizia è una città piccola, ma ancora bella e vivibile: teniamola bene - osserva la signora Cappellaro, una residente -. Tutto l’argine del Corno si trova in una situazione vergognosa. Qui vive un’alta percentuale di persone anziane. Non è decoroso. Non siamo più periferia e al venerdì qui c’è il mercato. La città continua oltre confine ma di là c’è un giardino, qui invece c’è un covo di topi e di bisce. Non è una questione politica, è una questione di civiltà».

La signora Cappellaro ricorda che vive in via San Gabriele dal 1967 e che tutte le mattine spazza il marciapiede di fronte casa sua perché crede nella dignità e nella pulizia. Ognuno deve curare il suo orticello, insomma. «Sul Corno invece viene abbandonato di tutto», è la sua constatazione. E infatti a percorrere il nastro di cemento dal confine all’incrocio che precede piazzale Medaglie d’oro si possono trovare le classiche buste della spazzatura come i cocci di vaso rotto, ma anche quello che fu un albero di Natale. «Pigrizia e sporcizia, vanno d’accordo: che vengano a togliere queste immondizie», sbotta la signora aggiungendo poi: «I vigili urbani passando di qui ogni settimana in occasione del mercato: possibile che nessuno abbia segnalato la situazione e che nessuno intervenga?»

Anche se da qualche tempo a questa parte le cose sono cambiate, la donna non può non ricordare le alluvioni del 1983 e del 1988 («Sono state causate dall’incuria, in casa avevo due metri d’acqua») e auspica che qualcosa cambi ancora.

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