Gorizia dice no alla chiusura di Cardiologia, i sindacati: «La città è indebolita»
Cresce il fronte dei contrari. La Cgil: «Si torni indietro. Subito». I pensionati: «L’assistenza è a rischio»
Prima il Nursind e la Uil, poi l’opposizione consiliare, il Comitato salute, oggi la Cgil. Le festività hanno finito con il rendere “ovattata” l’onda lunga di malcontento per la chiusura di Cardiologia. Ma la protesta cova ed è pronta ad esplodere. Oggi, a prender posizione sono i segretari comprensoriali dello Spi-Cgil Valentino Lorelli, del Fnp-Cisl Gioacchino Salvatore e della Uil pensionati Sergio Benvenuto. «È l’ennesimo atto di indebolimento del servizio sanitario nel territorio isontino - attaccano -. La chiusura del reparto di Cardiologia intensiva è un atto che colpisce in modo pesante la possibilità di curarsi tempestivamente su un territorio particolarmente esposto per la sua collocazione geografica e anche per la sua composizione demografica. La popolazione ha una età media sempre più elevata e, quindi, ha maggiore necessità di cure che devono essere di qualità ma anche tempestive. È paradossale che viene chiuso un reparto ristrutturato e in crescita dal punto di vista delle prestazioni. Lo smantellamento viene fatto, cosa ancora più grave, senza un adeguato confronto con il territorio, con chi rappresenta l’utenza in generale e più nello specifico chi rappresenta i maggiori possibili fruitori del servizio, la popolazione fragile, gli anziani».
I sindacati puntano il dito
I sindacati dei pensionati puntano il dito sul disegno di agevolare sempre di più le strutture private. «Il futuro della sanità di questo territorio appare sempre più incerto con un indebolimento complessivo che mette sempre più a rischio la salute delle persone, soprattutto quelle più fragili mentre ancora non si intravvede la realizzazione vera delle Case di comunità e dell’Ospedale di comunità. È indispensabile cambiare direzione. È necessario che le forze sociali, le forze politiche, gli operatori del settore si muovano nella stessa direzione, fuori da logiche di campanile, per creare un vero sistema sanitario territoriale di prossimità in grado di dare risposte alla domanda di sanità e di assistenza».
Critiche alla Regione
Fa eco Alessandro Crizman, segretario generale della Fp–Cgil di Gorizia. Chiede «quale alternativa avranno i pazienti che necessitano di un trattamento di emergenza in ambito cardiovascolare nell’area isontina? Quale futuro si prevede per questo territorio dopo questo ulteriore taglio?». Crizman contesta la decisione della Regione di sopprimere Cardiologia all’ospedale San Giovanni di Dio. «Già in precedenza, il nostro sindacato - attacca - era intervenuto per denunciare la chiusura dell’unità di terapia intensiva coronarica (Utic) di Gorizia per la sua trasformazione in reparto Covid perché si trattava di un importante servizio erogato a questo territorio che “proteggeva” quasi 140.000 persone. Si tratta, come allora, di un servizio di eccellenza che gestisce le patologie cardiologiche acute con potenziale rischio vitale, con un monitoraggio delle funzioni vitali 24 ore su 24, e che, fino ad oggi, ha ospitato (salvo appunto un breve intervallo per il Covid) tanti pazienti provenienti dai Pronto soccorso di Gorizia e Monfalcone. Anche questa eccellenza del nostro territorio verrà, ora, soppressa? A forza di piccoli tagli, questi nostri ospedali spariranno».
Reparti essenziali
La Cgil rincara la dose: «Qui ci sono dei reparti importanti che sicuramente sono essenziali per chi ne deve usufruire ma non lo sono per la politica di questo territorio che tanti ridimensionamenti ha già permesso. E che dire del personale, delle professionalità che già oggi fuggono dai nostri ospedali? E che saranno ancor più motivate a andarsene per l’incertezza che le nostre strutture, pur se importanti e professionalmente qualificate, possano “resistere” nell’Isontino?».
La Cgil chiede al sindaco Ziberna e a tutti gli altri sindaci e consiglieri regionali del territorio «di intervenire a tutela della salute e della sicurezza dei cittadini, e di lottare per portare gli “ulteriori miglioramenti per un ospedale che è già un’eccellenza” come affermava l’assessore regionale Riccardi qualche tempo fa, dicendo anche che “le attività saranno ulteriormente migliorate, visto che di recente sono stati acquistate nuove attrezzature”. Le attrezzature d’avanguardia le aveva anche l’Ospizio Marino di Grado e abbiamo visto tutti come è finita. È necessario rivedere questa decisione per fare un passo nella direzione opposta, quella che dovrebbe riportare il più possibile sul territorio la sanità pubblica che, ricordiamolo, è sempre eccellente se non viene sistematicamente demolita. È ora di finirla e di iniziare ad invertire la rotta: partiamo da qui».
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