Gorizia, morto poco dopo l’operazione Il processo in piedi da 25 anni
GORIZIA Il medico specialista, ex primario del reparto di pneumologia dell’ospedale di Gorizia ed ex consigliere comunale Umberto Pacenza, non era disposto ad accettare il proscioglimento per intervenuta prescrizione. E a distanza di 25 anni dal decesso di un goriziano di 67 anni, Ottorino Bano, il professionista è ancora alle prese con la giustizia. Chiamata in causa è l’Azienda sanitaria, oggi diventata Asugi.
Concluso il procedimento penale ora siamo di fronte al civile ancora in corso. La Cassazione, infatti, lo scorso aprile ha rinviato gli atti alla nuova sezione di Corte d’Appello. La parola “fine” alla complessa vicenda processuale è legata alla sussistenza o meno in ordine al cosiddetto “nesso causale” tra la morte del goriziano e la responsabilità del medico. Di mezzo c’è una richiesta di risarcimento danni di 1.650.000 euro.
Affetto da tumore, Bano nel giugno del 1995 era stato sottoposto all’asportazione di un polmone, operato dal direttore della clinica chirurgica del policlinico universitario di Udine, Fabrizio Bresadola, noto a livello nazionale per la sua attività nel campo dei trapianti.
A fine agosto l’uomo si era rivolto a Pacenza per una visita di controllo, lamentando un peggioramento delle proprie condizioni fisiche. Complicanze effettivamente riscontrate dal professionista goriziano, che aveva consigliato al paziente una terapia invitandolo a rivolgersi al chirurgo. Una ventina di giorni dopo, era il 20 settembre di quell’anno, era intervenuto il decesso. Da qui era partita la denuncia-esposto da parte dei familiari ipotizzando precise responsabilità nei confronti dei due medici. Omicidio colposo, dunque, l’accusa contestata, la diagnosi che pure correttamente era stata formulata rilevando una fistola polmonare, per i familiari, costituitisi parte civile, era stata del tutto tardiva. Si parlava di 600 mila euro di danni nel chiamare in causa l’allora Azienda sanitaria 2 Isontina.
Nell’ambito del procedimento davanti al Tribunale, era stato imputato al chirurgo Bresadola un errore tecnico nell’operazione di asportazione del polmone del paziente, quanto a Pacenza il fatto di non aver disposto l’immediato ricovero del sessantasettenne nel momento in cui aveva riscontrato le complicanze post-operatorie.
Il processo s’era concluso con l’assoluzione di Bresadola per non aver commesso il fatto, e la prescrizione per l’ex primario di pneumologia. Sembrava risolto così per i medici. Non per Pacenza che aveva deciso di andare fino in fondo al fine di stabilire la propria innocenza. Da qui l’impugnazione del proscioglimento per prescrizione in secondo grado dal quale era scaturita l’inammissibilità, per approdare quindi in Cassazione, che aveva invece annullato l’ordinanza della Corte d’Appello, a fronte del rinvio degli atti ad una nuova sezione di secondo grado. Che a sua volta aveva confermato la pronuncia del Tribunale. Siamo nel 2011, conclusasi così la fase penale per Pacenza.
Nel frattempo i familiari di Bano s’erano rivolti alla giustizia civile ai fini del risarcimento danni. Richiesta rigettata dal Tribunale con la sentenza impugnata in Appello e dichiarata dalla Corte inammissibile. Era quindi scaturita l’impugnazione della sentenza di secondo grado in Cassazione. L’ultimo capitolo recente: si ritorna in Appello, alla prova in ordine al nesso causale. —
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