Gorizia, l’ambulanza non c’è. Muore poco dopo

Il figlio della donna presenta denuncia ai Carabinieri: «L’ho dovuta trasportare io all’ospedale. Ma si è perso troppo tempo»
Un'ambulanza
Un'ambulanza

GORIZIA. «Mia madre sta malissimo. Potete intervenire?». «No. Non ci sono ambulanze». Quella risposta gli è rimasta impressa e rimbomba ancora nella sua mente. Perché la mamma, dopo essere stata portata in ospedale dal figlio con la propria auto e dopo essere stata sottoposta a tutte le cure del caso, è deceduta. «Forse, anche se fosse arrivata l’ambulanza, mia madre sarebbe morta ugualmente. Ma non c’è la controprova. Queste cose non possono, anzi non devono accadere in un paese civile. Pago le tasse e pretendo ci sia un’ambulanza».

A raccontare questa triste storia è Luca Gregori, goriziano, che ha presentato denuncia ai Carabinieri. «Mia madre, Bruna Ferletic, 68 anni, era malata da tempo. Soffriva di una forma aggressiva di artrite reumatoide. Questo l’aveva portata ad assumere dosi massicce di cortisone: un medicinale che, mentre ha lenito i dolori dell’artrite, ha finito con il causare un’insufficienza renale. Dallo scorso mese di settembre, infatti, la mamma ha iniziato il ciclo della dialisi».

Le cose, però, precipitano all’improvviso. Venerdì della scorsa settimana la donna si sente male attorno a mezzogiorno. Poi, sembra riprendersi. Alle 19.30, dopo una giornata di lavoro, il figlio va dai genitori e constata che le condizioni della madre sono nuovamente peggiorate: accusa un atroce dolore allo stomaco. «La prima cosa che faccio è chiamare la dottoressa che ha in carico mia madre per la dialisi: sono preoccupato, non so come comportarmi. Due minuti più tardi, chiamo il 118. Ma la risposta che mi sento indirizzare mi lascia di sasso: non ci sono ambulanze».

In quel momento, Luca Gregori non si mette a sindacare e a recriminare perché il suo unico obiettivo è quello di trasportare, al più presto e in sicurezza, la madre in ospedale. «Prendo l’auto e carico nell’abitacolo, non senza difficoltà, la mamma: abbasso anche il sedile in maniera che possa rimanere distesa. Non vi racconto il viaggio: ho tenuto mia madre per mano per l’intero tragitto, cercando di rassicurarla. Stava veramente malissimo: si contorceva per il dolore». Il tragitto non è breve ed è particolarmente tortuoso: i genitori abitano a Doberdò del Lago, lungo la strada del Vallone. «Mantenendo la freddezza, arrivo a destinazione. Mi avvicino alla porta che dà accesso al deposito delle ambulanze. Parcheggio lì ma esce un operatore e mi dice, con grande fermezza, che devo assolutamente allontanarmi perché le ambulanze devono avere libero accesso. Obbedisco, sposto la macchina e corro al Pronto soccorso ma in accettazione non c’è nessuno, suono al campanello e non mi rispondono. Allora, busso alla porta della guardia medica ma, evidentemente, è fuori per una visita. Non so che pesci pigliare, mia madre è ancora in auto e continua a lamentarsi. Allora, torno con la vettura nel box delle ambulanze e inizio a suonare il campanello all’impazzata. Escono gli operatori».

Sembra fatta. Ma, lì per lì, manca un lettino che poi viene individuato e recuperato in un altro reparto. «Alle 21 mia madre viene visitata. Nel frattempo non mi do pace per l’assenza di ambulanze. Un’operatrice mi dice: “Guardi che lei è la quarta persona che, oggi, viene con mezzi propri per portare qui un proprio caro infortunato”».

Il tempo passa. Gregori rimane in ospedale accanto alla madre sino a mezzanotte: poi, su consiglio degli stessi medici, torna a casa. Nel corso della notte, riceve due telefonate dall’ospedale che lo aggiornano dell’aggravamento della situazione: la mamma è ricoverata in rianimazione. «Alle 5.50 mi fiondo nuovamente al San Giovanni di Dio e mi spiegano che ormai c’è ben poco da fare. Mia madre ha l’intestino forato a causa dei cortisonici assunti quotidianamente per l’artride reumatoide». Alle 9.55, Bruna Ferletic esala l’ultimo respiro. «Non ce l’ho con gli operatori sanitari che fanno quello che possono. Ce l’ho con un sistema che non funziona: questo è il prezzo dei tagli, dei ridimensionamenti. Ho vissuto per un periodo della mia vita alle Canarie e devo dire che, là, il settore sanitario funziona alla meraviglia. Non ho la preparazione necessaria e non sono nemmeno così avventato da dire che, se ci fosse stata l’ambulanza, oggi mia madre sarebbe viva. Ma manca la controprova».

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