Gorizia, l’abbraccio della città a Stefano: somma raccolta in beneficenza
GORIZIA. La solidarietà della comunità goriziana è stata commovente, almeno quanto la sua partecipazione. Se le presenze al campo di calcio di Straccis per il funerale di Stefano Borghes sono andate ben oltre le mille persone ammesse nel perimetro dell’impianto sportivo, notevoli sono state anche le offerte raccolte a favore della Comunità di accoglienza Papa Giovanni XXIII.
Dalla Curia hanno fatto sapere che la somma complessiva è ancora in via di quantificazione perché in molti hanno scelto di partecipare alla richiesta della famiglia con un bonifico (Iban: IT 04X 030 6909 6061 0000 0008 036), ma un fatto è certo, già nel corso della cerimonia funebre è apparso chiaro che nei cestini delle offerte la generosità è stata tanta. Anziché le solite monetine, i presenti hanno lasciato tante, tantissime, banconote.
«Vogliamo onorare la memoria di Stefano? Cerchiamo di vivere nell’amore tra di noi, e scopriremo il segreto dell’eternità: non è uno slogan, ma una verità che ha bisogno di tempo, pazienza e costanza per essere compresa. Aiutiamoci vicendevolmente a percorrere questa strada». Le parole conclusive dell’omelia di don Stefano Goina risuonano ancora nelle orecchie di chi giovedì pomeriggio ha partecipato al funerale.
Il rito religioso ha simbolicamente chiuso un capitolo della drammatica vicenda del pozzo del parco di villa Coronini Cronberg, in fondo al quale il tredicenne ha perso la vita. Ma idealmente ne ha aperto un altro: quello della riflessione e dell’elaborazione del lutto. Nel suo editoriale sul periodico diocesano Voce isontina, questa settimana il vescovo Carlo Roberto Maria Redaelli parla ai fedeli invitandoli a “stare vicino”.
«Quando un avvenimento tragico giunge all’improvviso e stronca la vita di un ragazzo che cosa si può fare - domanda il presule -? Le parole vengono meno, non riescono neppure a prendere forma dentro la propria mente smarrita per tanto dolore. E comunque si ha l’impressione che siano inutili, se non persino inopportune. Una cosa invece si può fare: stare vicino».
E allora monsignor Redaelli invita a stare «vicino e in silenzio, lasciando solo che parlino nel cuore e dal cuore i sentimenti e soprattutto le preghiere», come è stato per Maria sotto la croce di Cristo: «senza una parola, ma con una presenza».
L’arcivescovo, quindi invita la comunità a fare altrettanto stando vicino ai genitori di Stefano, alla sorella, ai nonni, ai parenti, ma anche ai compagni e agli amici che hanno condiviso con lui gli anni della scuola e la passione per lo sport e la musica. Monsignor Redaelli poi non dimentica i bambini e i ragazzi del Centro estivo “Estate tutti insieme” («che hanno visto improvvisamente sconvolti i loro giorni sereni da trascorrere finalmente all’aperto nella gioia e nell’amicizia») e don Nicola Ban, i sacerdoti, i diaconi, i seminaristi e gli animatori («che hanno preparato con grande cura il centro estivo, con tutte le attenzioni di sicurezza sanitaria e con l’impegno a garantire ai bambini e ai ragazzi, e alle loro famiglie, una proposta bella, ricca, studiata in tutti i particolari»).
L’arcivescovo invita a stare vicino anche ai responsabili del centro estivo che hanno fatto la scelta difficile «di continuare nel percorso previsto per non lasciare soli i ragazzi nello smarrimento e nella tristezza». E poi ci sono le famiglie che, pur preoccupate e addolorate, hanno confermato la fiducia agli educatori e agli animatori. E non manca un pensiero di vicinanza a chi è «coinvolto nella ricerca della verità e delle eventuali responsabilità per quanto accaduto» (lunedì mattina in tribunale è prevista l’audizione del compagno di squadra nella gara di orienteering ndr). Insomma un invito a stare vicini gli uni agli altri e diventare comunità nel nome di Stefano Borghes.
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