Gorizia, la fuga di gas porta alla casa di Facchettin: quella frase ambigua e lo strano tatuaggio

GORIZIA «Pronto a dispiegare le ali». Una frase ambigua che, isolata dal contesto, potrebbe avere poco senso o, comunque, non parrebbe celare nulla di allarmante. Se non fosse che parliamo di Fabrizio Facchettin, il 50enne disabile, morto nell’abitazione di viale XX Settembre in seguito alla violenta esplosione in cui hanno perso la vita anche Sabina Trapani e il cittadino sloveno Miha Ursic.
Le indagini, infatti, ruotano attorno queste parole che l’uomo ha affidato al suo profilo Facebook: un profilo “mascherato” che non riporta il suo nome ma evoca figure angeliche. Gli inquirenti tengono le bocche cucite. Affermando, ufficialmente, che «le indagini sono in corso e il quadro non è ancora chiaro. E nessuna ipotesi ha preso il sopravvento sull’altra». E, infatti, anche ieri, per l’intera giornata, ci sono stati sopralluoghi dei tecnici dei vigili del fuoco per esaminare la situazione. Viale XX Settembre continua ad essere chiuso al traffico e l’area sequestrata è a disposizione degli inquirenti. Ma, al di là dell’ufficialità, fonti confidenziali rimarcano come quella dell’atto deliberato sia un’ipotesi su cui si sta lavorando. E troverebbe, a quanto pare, conferma anche in altri elementi.
Innanzitutto, la posizione e le caratteristiche dei corpi privi di vita. I primi cadaveri a riemergere dalle macerie sono stati quelli di Miha Ursic e di Sabina Trapani che erano uniti, a quanto pare, da un legame affettivo. Entrambi erano a letto e presentavano i traumi tipici dello schiacciamento. Erano anche cianotici e questo confermerebbe abbiano respirato gas. In questo momento, però, gli inquirenti non sarebbero in grado di attribuire la morte allo schiacciamento piuttosto che all’intossicazione. Il terzo corpo, quello di Facchettin, che risiedeva al pianoterra, è stato trovato con caratteristiche diverse rispetto agli altri corpi, quelli dei residenti al primo piano. Presentava delle bruciature come fosse stato investito da una fiammata, questo almeno secondo la prima ispezione cadaverica. Pertanto, la fuga di gas (accidentale o deliberata che sia) sarebbe partita proprio dall’appartamento del disabile cinquantenne. «Ma è una prima approssimazione tutta da verificare», hanno affermato, sin dalla prima ora, gli inquirenti.
Infine, il mistero del numero “619”. Facchettin, che era in cura al Centro di salute mentale, se lo è fatto tatuare su un braccio e una foto appare sul suo profilo Facebook. E proprio questo numero, 619, potrebbe essere interpretato in vari modi. Una cifra che, se letta all’inglese, farebbe pensare a una data in prossimità della tragedia: 6 è il mese di giugno e 19 il numero del giorno del mese. È anche vero che l’esplosione si è verificata alle 3.55 del 20 giugno. E non il 19.
Il numero potrebbe, quindi, tranquillamente riferirsi ad altro, ad esempio a un noto wrestler. Ma gli inquirenti non starebbero sottovalutando, giustamente, nessun aspetto. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo