Gorizia, il rapper balla e canta sul Sacrario dei caduti

FOGLIANO REDIPUGLIA. Balla e canta musica rap facendosi riprendere in un video che finisce sul web. Solo che il video in questione utilizza anche il Sacrario di Redipuglia, che custodisce le spoglie di oltre 100mila caduti italiani nel primo conflitto mondiale. E così il giovane Justin Owusu, friulano di origini ghanesi, finisce nella bufera. Perché in cima al monumento, con le scritte “presente” e il panorama sul Colle di sant’Elia, Owusu balla, interpretando la propria canzone rap “Csi-Chi sbaglia impara”. Senza però aver chiesto alcuna autorizzazione.
Una trovata, quella del giovane friulano ora residente a Londra, che ha scatenato un vero e proprio putiferio. Il video del brano, firmato dal regista inglese e videomaker Jordan McKellar, è stato postato su You Tube, scatenando poi i commenti negativi nella rete che hanno iniziato a moltiplicarsi. E anche se non ci sono conferme ufficiali da parte di Onorcaduti, che cura la gestione del monumento di Redipuglia, nessuna autorizzazione era stata né richiesta e tanto meno concessa.

Le regole per l’utilizzo del Sacrario di Redipuglia sono a dir poco rigide: ogni iniziativa, ogni commemorazione e ogni appuntamento devono essere concordati, decisi e autorizzati da chi ne cura la custodia e la manutenzione. È stato così anche nel recente passato, quando il maestro Riccardo Muti, nel luglio del 2014, diresse il Requiem di Verdi davanti al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e migliaia di persone, tutte dotate di pass dopo aver pagato il biglietto. Figuriamoci per una canzone rap...
La direzione generale di Roma ora dovrà quindi decidere come muoversi, mentre l’amministrazione comunale di Fogliano Redipuglia ha già preannunciato che vaglierà l’ipotesi di costituirsi parte civile, se fosse formalizzata una denuncia. Durissima, infatti, la reazione del primo cittadino. «Quando ho visto il video – afferma il sindaco, Antonio Calligaris – sono inorridito e, comunque, ho dato per scontato che non ci fosse alcuna autorizzazione nei confronti di quello che considero un atto sacrilego».
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