Gorizia, gli assenteisti inseguiti in bici dai carabinieri

Spuntano i primi nomi dei “furbetti” regionali. Uno dei sei dipendenti finiti nel mirino dei carabinieri è Giovanni Glessi: fu presidente dell'assemblea municipale negli anni Novanta
Bumbaca Gorizia 07.07.2017 Blitz furbetti cartellino in Provincia © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 07.07.2017 Blitz furbetti cartellino in Provincia © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

GORIZIA. Ventiquattr’ore dopo l’operazione “Fuori servizio”, il suo nome era già sulla bocca di tanti. Troppo noto, troppo personaggio pubblico perché passasse inosservato il suo coinvolgimento nell’indagine sui dipendenti regionali accusati di assenteismo. Si sa, la città è piccola e la gente mormora.

Giovanni Glessi, noto politico goriziano e già presidente del Consiglio comunale negli anni Novanta, è uno dei sei dipendenti finiti nel mirino del nucleo investigativo dei carabinieri di Gorizia. Al pari degli altri cinque (i cui nomi rimangono, a tutt’oggi, anonimi) è stata raggiunto da un provvedimento cautelare di interdizione assoluta per otto mesi dall’esercizio dei pubblici uffici.

Gorizia, assenteismo: indagati sei "furbetti del cartellino" - VIDEO

Conferme arrivano dal diretto interessato. Che, con grande trasparenza, non si sottrae alla domanda del cronista. «Se sono coinvolto nell’indagine? Sì. Sono entrato nel tritacarne. Mi auguro, dopo trentacinque anni di servizio, di uscire dignitosamente da questa vicenda».

In questo periodo, Giovanni Glessi sta trascorrendo un breve periodo di ferie. Per questo, l’altra mattina, non era in ufficio. «I carabinieri si sono comportati da galantuomini. Se sono stati commessi degli errori è giusto pagarli». Poi, entra maggiormente nello specifico.

«Lavoro nella struttura stabile tecnica dell’edilizia, nella sede goriziana della Regione. La mia professione mi porta ad essere a stretto contatto con il pubblico. Un esempio? Viene il libero professionista a portare delle carte e, poi, può capitare che si esca assieme a bere il caffè. Talvolta, è un rapporto confidenziale, quasi amichevole. Chiamatela leggerezza, chiamatela come volete. Mi auguro di riuscire a chiarire la mia posizione».

Giovanni Glessi ha affidato la sua difesa all’avvocato Gabriele Cianci, «un amico», lo definisce. «E dire che se dovessi beneficiare dell’Ape (acronimo di Anticipo pensionistico, ndr), fra un anno e mezzo me ne andrei in pensione», allarga le braccia.

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Glessi, a Gorizia, è persona molto nota. Vanta un passato nelle fila democristiane ma anche in quelle dell’allora Ccd. E con questo partito è stato eletto nel 1994 consigliere comunale e successivamente presidente del Consiglio comunale, ai tempi del primo mandato da sindaco di Gaetano Valenti.

Poi, l’esperienza con Pne-Progetto Nordest (il movimento fondato da Giorgio Panto) che lo portò a candidare, senza fortuna, alla carica di primo cittadino. Quindi, il passaggio nell’Italia dei valori e il successivo approdo al centrodestra. Glessi è stato candidato consigliere anche alle ultime elezioni comunali: nelle fila della lista civica “Aiutiamo Gorizia” (che sostiene Ziberna) ha raccolto 20 preferenze, insufficienti per entrare in Consiglio comunale.

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Debora Serracchiani arriva alla Direzione del Pd presso la sede del Partito Democratico in via del Nazareno, Roma, 06 luglio 2017. ANSA/ANGELO CARCONI

Gli altri nomi? Non c’è alcuna ufficialità, nessuna carta scritta. I bene informati dicono che si tratterebbe di personale dell’ufficio patrimonio, dell’ispettorato forestale e dell’ufficio difesa del suolo. Sarebbero originari di Gorizia, Gradisca d’Isonzo, Monfalcone e San Canzian d’Isonzo ma non è stato possibile ottenere conferme (o smentite) da parte degli inquirenti.

Intanto, emergono altri particolari relativi all’indagine. Uno dei sei indagati è stato ripreso mentre rientrava a casa subito dopo aver timbrato il badge. Poi, è tornato in ufficio a ridosso dell’orario di chiusura dell’ufficio. Come se nulla fosse.

I carabinieri hanno effettuato molti pedinamenti. Hanno utilizzato soprattutto vetture-civetta ma, in diversi casi, per non alimentare sospetti, hanno inforcato anche le biciclette, seguendo palmo a palmo tutti gli spostamenti dei sette indagati.

In qualche migliaia di euro, e comunque in corso di quantificazione, è stato calcolato il danno patrimoniale causato alla Regione. Truffa ai danni della Regione Friuli Venezia Giulia e false attestazioni di presenza i reati contestati ai 6 dipendenti regionali. A tre di essi è stato anche attribuito il reato di peculato d’uso per l’improprio utilizzo dell’autovettura di servizio.

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