Gorizia, finisce nel cestino anche il progetto del mercato diffuso in via Rastello

GORIZIA. Era una soluzione che, secondo i fautori, avrebbe permesso di cogliere due piccioni con una fava: offrire una sede alternativa agli operatori del mercato coperto per il tempo necessario (si parlava di 3 anni) alla riqualificazione finanziata dall’ente camerale e rivitalizzare - nel contempo - un’area che, ormai, “vive” (Covid permettendo) solo per 4 giorni all’anno, grazie a Gusti di frontiera, ovvero l’antica via del commercio, via Rastello.
Questo era il senso della proposta formulata da una cordata di imprenditori, pronti a mettere a disposizione dai 25 ai 30 “ex” negozi in pieno centro «con una locazione bassissima, se non simbolica», dissero. L’idea era quella di un mercato coperto diffuso. Adesso, tutto finisce nei cassetti. Chiamatelo effetto collaterale, ma il progetto svanisce dopo l’annuncio ufficiale che l’ambizioso restyling della struttura di via Boccaccio, con l’approdo del Gambero rosso, è evaporato.
Beniamino Ursic, commerciante oggi in pensione e proprietario di uno degli spazi che erano stati messi a disposizione, a prezzo calmierato, degli operatori del mercato, non ha dubbi. E riferendosi all’operazione fallita del mercato coperto parla di «occasione persa».
«L’ultima - dice - di una lunga serie, a cominciare da trent’anni fa quando si voleva fare un centro commerciale con imprenditori goriziani e tutto saltò miseramente. E vogliamo ricordare la scuola della Guardia di finanza nell’area dell’aeroporto? Oggi, in quel compendio, ci sono soltanto macerie. E poi, non si dica che Gorizia muore perché, probabilmente, è già morta».
Duro anche Eugenio Perissutti, imprenditore e proprietario (fra le altre cose) della vecchia e suggestiva ferramenta Krainer. «Vedere che tutte le opportunità a Gorizia cadono nell’indifferenza fa male al cuore. Sul mercato coperto, il Comune ha commesso, però, un peccato originale: non ha coinvolto gli operatori, spiegando loro bene quel progetto e il nostro parallelo. E hanno reiterato lo sbaglio con corso Italia, non mettendo in moto un meccanismo di coinvolgimento, prima di mettere in atto il senso unico.
Sarebbe bastato non realizzare la corsia di parcheggi alla sinistra perché aree di sosta ci sono e si può anche camminare un po’, come succede in tutte le città del mondo. Tornando alla proposta nostra su via Rastello, portare qui gli operatori avrebbe messo in moto un meccanismo virtuoso. Magari, poi, sarebbero tornati in via Boccaccio ma, intanto, si dava luce a questa strada antica che ha bisogno di vivacità. Ma io non mollo visti i tanti progetti che mi frullano nella mente».
Interviene anche la chef Chiara Canzoneri che sta lavorando duro con l’omonima associazione per dare luce a via Rastello. «Se qualcuno volesse spostarsi in via Rastello, a prescindere dai lavori del mercato, è il benvenuto. Perché no? Questa strada ha bisogno di linfa vitale e vi dico che ci sono imprenditori, sei o sette persone, che vorrebbero puntare su via Rastello. Se son rose fioriranno».
In via Rastello, sempre che il virus non si metta ancora di traverso, sarà il mese della poesia e, più in generale, il mese dell’arte delle parole. L’associazione ha coinvolto un gruppo di scrittori e di poeti nell’interpretare i sentimenti e i messaggi offerti dalla città, dando vita a elaborati inediti che saranno esposti nelle vetrine (tanto quelle della attività aperte, quanto in quelle, recuperate, dei locali sfitti).
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