Via Carducci in crisi a Gorizia: chiude la storica panetteria Manuela

Spegne le insegne il negozio di Manuela Ongaro: «Gorizia era una città viva, mentre ora lo è un po’ meno»

Alex Pessotto
La signora Manuela Ongaro nella sua panetteria
La signora Manuela Ongaro nella sua panetteria

E pensare che un tempo era la via dei Signori. Ma oggi, di benessere, di vivacità, ci sono davvero poche tracce, nonostante la presenza della Fondazione Carigo, spesso definita “la cassaforte goriziana”. Non mancano, invece, le serrande abbassate e i cartelli “vendesi” così comuni, purtroppo, in città.

Ora, in via Carducci, è Manuela Ongaro a gettare la spugna. Sarà possibile incontrarla nella sua panetteria, proprio adiacente alla Fondazione, ancora per qualche giorno. Il tempo di vuotare gli scaffali, peraltro già abbondantemente sguarniti, e di completare gli ultimi adempimenti di ordine burocratico.

Di fatto, il suo impegno è già cessato con la vigilia di Natale; l’auspicio è che qualcuno ne acquisti la proprietà: «Per il momento, c’è stata qualche richiesta di informazioni. Speriamo bene» racconta, confidando il futuro che vorrebbe: un po’ di relax. Nulla di straordinario, insomma. Di sicuro, se lo merita. Va in pensione «per raggiunti limiti di età», parole sue. Ha 60 anni e ne ha passati quasi 42 a lavorare. Mica bazzecole.

Il dispiacere per un’avventura che finisce, intanto, è elevato: «Tengo a ringraziare tutti i miei clienti: mi hanno voluto bene». Per lei si apre un altro capitolo.

La sua storia, però, è soltanto l’ultima di una lunga serie: sono una quarantina le attività che si affacciano su via Carducci, alcune dal sapore antico, artigiane; circa la metà è chiusa. Specie il lato occupato dalla Carigo presenta un panorama desolante. E adesso, ad aggiungersi ai numerosi negozi vuoti, c’è, appunto, anche la bottega della signora Manuela.

Goriziana, ma di famiglia veneta (papà di Eraclea, mamma di Noventa di Piave), «Il lavoro è calato parecchio, progressivamente, dall’inizio dei Duemila – afferma –. Quando c’era il confine, senza dubbio, il movimento era maggiore ma si sapeva che, prima o poi, quel confine sarebbe caduto. Il problema, allora, è un altro: che nessuno hai mai pensato di valorizzare a dovere via Carducci. Era una delle strade principali di Gorizia, mentre ora è depressa. Confido nella Capitale europea della Cultura anche se io, di benefici, non ne ho avuti».

Manuela, tra l’altro, in via Carducci è nata. I suoi genitori si occupavano di produzione e vendita di pane e di dolci. Dal Veneto si erano trasferiti prima a Lignano, poi a Monfalcone, infine a Gorizia. E lei ha lavorato nell’attività che ha appena chiuso per quasi trent’anni, ma a lungo, e nella stessa via, aveva fornito un contributo di primo piano nella panetteria di famiglia.

Ecco perché il suo rapporto con questa parte di Gorizia è assai intenso e parlare con lei permette di ripercorrerne le vicende fino ai recenti lavori di riqualificazione che, tuttavia, hanno causato problemi al traffico, peraltro inevitabili.

«La verità è che Gorizia era una città viva. Ora lo è un po’ meno» chiosa Manuela Ongaro che, però, promette di «non voler rinunciare all’ottimismo». Anche se, una nota amara, in lei non può non emergere. Ed è una nota che non riguarda la sua storia professionale, ma quella privata. Proprio per questo, forse, è ancor più importante. «Se solo il mio compagno Paolino ci fosse ancora...» lo ricorda la signora Manuela. —

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