Gorizia: bullismo, picchiata a scuola dai compagni

La ragazzina ha provato a ribellarsi ai soprusi, è finita al pronto soccorso. Tempestivo intervento della preside avvisata dalla madre
Un’immagine eloquente: due bulli che picchiano un ragazzo indifeso
Un’immagine eloquente: due bulli che picchiano un ragazzo indifeso

GORIZIA Ha provato a spezzare la catena del bullismo, ma la hanno picchiata ed è finita al Pronto soccorso. Grazie all’intervento della scuola, il caso potrebbe chiudersi senza conseguenze giudiziarie, ma l’episodio di cui è stata di recente vittima una studentessa goriziana apre le porte al dibattito su una questione sommersa e scomoda che per molti sembra essere ancora un tabù.

Il “cyberbullismo” invade la scuola

Per alcune scuole il tema è difficile d’affrontare proprio come lo è per molte famiglie che lo rifiutano a monte. Per tutelare prima di tutto la vittima degli atti di bullismo da un’escalation di violenze, è necessario difenderne l’identità mantenendo il suo anonimato.

L’episodio deve quindi rimanere sfumato in tutti i suoi dettagli. Dopo aver subito per mesi violenze verbali, la ragazza ha trovato il coraggio di denunciare i propri aguzzini. Quando il branco è stato ripreso dai genitori, anziché placcarsi e desistere dal mettere in atto altri atti persecutori, è passato alle violenze fisiche. In seguito alle botte, la ragazza ha dovuto rivolgersi al pronto soccorso dove, con sorpresa della madre, i sanitari hanno detto che il caso non era isolato.

Sulla questione il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Pietro Biasiol evidenzia come nella nostra area non si siano registrati atti clamorosi di bullismo, ma non nasconde il fatto che in certi istituti avvengano episodi da lui comunque bollati come “schifosi”.

Bullismo e dispersione scolatica: arriva lo sportello d’ascolto

«Quando certe cose accadono è meglio affrontarle subito – osserva -. Non è opportuno nasconderle perché nel sistema in cui viviamo le notizie escono lo stesso e il rischio è che vengano distorte. A livello scolastico, da un lato il bullismo ci preoccupa, ma dall’altro siamo organizzati». Biasiol ricorda che tutte le scuole devono prevedere nel piano formativo misure automatiche di contrasto al bullismo.

«Ogni scuola segue la sua strada, ma a livello ministeriale è stato avviato un progetto nazionale articolato in dieci azioni da sviluppare nel corso dell’anno», dice il direttore dell’Usr aggiungendo: «Siamo presi tra la trasparenza e la difesa dei minori. Per quanto riguarda le segnalazioni di vessazioni ne arrivano pochissime. In ogni caso lo stesso bullo deve essere protetto».

Occhio blu a scuola per dire no al bullismo

Subire reiteratamente piccole angherie, può spingere i ragazzi alla depressione. Le parole possono ferire spesso più dei pugni e dei calci e per questo in un’epoca sempre più social, oggi in cima alla lista delle preoccupazioni c’è il cyberbullismo. Tra le iniziative istituzionali avviate per affrontare la questione, c’è il sistema What’s Up.

A partecipare sono tutte le scuole medie e superiori di Gorizia. Inserito nell’ambito del progetto Benessere di bambini, adolescenti e giovani, What’s Up è collegato al Piano regionale della prevenzione 2014/2018. Il percorso è stato ideato dall’Azienda sanitaria numero 2 su incarico della Direzione centrale Salute per agire sul fenomeno del disagio giovanile arrivato in alcuni rari casi fino all’autolesionismo fatale.

«Mia figlia vittima di bullismo dei compagni»

«I ragazzi italiani sono primi tra 42 Paesi per stress cronico», ricorda la dottoressa Cristina Aguzzoli. Come coordinatrice del sistema What’s Up da anni si batte perché il fenomeno venga a galla. Evidenzia che c’è ancora una gran quantità di insegnanti e di genitori che non conosce nulla del disagio giovanile.

«In classe i docenti dovrebbero trattare la gestione dello stress come una qualsiasi altra materia. Se si provasse a fare un’ora al giorno di attività fisica, calerebbero drasticamente anche i casi di bullismo». Imparare a risolvere i problemi della vita quotidiana attraverso un corretto modo di agire e di comunicare è fondamentale. L’invito è quindi a un esame di coscienza collettivo perché - di norma - dietro ai bulli si nascondono altri problemi. Nel caso della ragazza che è finita all’ospedale dopo aver provato ad opporsi alle vessazioni, Aguzzoli in ogni caso nota: «Questa persona ha avuto una capacità di reazione, ma nell’episodio singolo è difficile trovare il problema».

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