Gorizia, aumenti dei canoni: sede Ater assediata
GORIZIA E venne il giorno della protesta. Civile ma vigorosa. Spontanea e non organizzata. Com’era facilmente prevedibile, gli inquilini Ater non hanno preso bene gli aumenti dei canoni relativi agli alloggi popolari.
I bollettini sono stati recapitati venerdì e sabato scorso, scatenando autentici travasi di bile con tanti utenti che hanno subissato di chiamate il centralino dell’Ater.
Non solo. Ieri mattina, c’era la fila davanti alla sede dell’ex Iacp, in corso Italia. Decine e decine di persone con i bollettini dei canoni fra le mani, incartamenti vari, volti imbronciati.
Tutto ruota, com’è noto, attorno all’acronimo Isee. Altro non è che l’indicatore della situazione economica equivalente. Sino a ieri, la quantificazione tariffaria del canone d’affitto di un alloggio popolare avveniva sulla base del reddito imponibile e non c’erano altri parametri.
Con la legge regionale 1 del 2016, il criterio di valutazione della capacità economica dei locatari non si basa più sui redditi Irpef bensì sull’Isee come, del resto, avviene già da tempo per tutte le prestazioni e gli interventi assistenziali, sociali, sanitari e scolastici. Insomma, nel calderone sono finiti anche i depositi bancari e quant’altro.
Ciò cosa comporta? A sentire l’Ater, nell’80 per cento dei casi, gli incrementi dei canoni non superano i 50 euro.
Nel 12% sono di 100 euro. Ma a sentire gli inquilini, ieri mattina, la realtà è ben diversa. È ben diversa, ad esempio, per una anziana di Cormòns.
«Il canone - spiega il figlio - è schizzato da 120 a 420 euro. E l’unica entrata è la pensione di 500 euro. Voglio pensare che si sia trattato di un errore. Altrimenti, la situazione diventa insostenibile».
Non era difficile raccogliere le testimonianze degli inquilini: tutti in fila, tutti letteralmente imbufaliti.
«Pagavo 90 euro, pagherò 137. Ma la cosa che mi fa maggiormente arrabbiare è che l’Isee si riferisce al censimento 2015 e a redditi del 2013. Nel frattempo, la situazione economica può essere cambiata. Ed è cambiata, naturalmente in peggio per quanto mi riguarda».
Altro caso: casa popolare di 50 metri quadrati, affitto che ammontava a 40 euro e che, d’ora in avanti, sarà di 60 euro.
«Può sembrare una sciocchezza ma nelle nostre condizioni anche 20 euro ti cambiano la vita. In provincia di Bari abita una mia parente. Vive in una casa Ater più grande della mia, 75 metri quadrati, eppure il canone non supera i 30 euro. Come la mettiamo?».
Gli inquilini arrivano un po’ da tutta la città e da tutta la provincia: da Straccis passando per il centro cittadino, Gradisca d’Isonzo, Cormòns, Monfalcone. «Vivo a Straccis, ho una pensione che non arriva ai 500 euro e ora devo “sorbirmi” un aumento da 51 a 86 euro. Ma sono tutti impazziti? Come si fa a colpire persone in difficoltà? Se non lo fossero, non vivrebbero in un alloggio popolare».
Un’altra cosa che fa imbufalire gli inquilini è la «lentezza pachidemica» degli interventi di manutenzione. «Sono sei anni che non viene effettuata la manutenzione della caldaia. Eppure, oggi vengono a chiederci più soldi per il canone», denuncia una donna che risiede in un appartamento a Gradisca.
C’è anche il caso di un anziano, cui è stata riconosciuta l’invalidità al 100 per 100. Si muove con l’ausilio di due bastoni. «Meno male che doveva esserci una riduzione per i portatori di handicap. Mi sono ritrovato con il canone che da 250 euro è passato a 350. Altro che “sconti”... Mi auguro che gli uffici sappiano darmi una spiegazione».
Tutti, ma proprio tutti, chiedono all’Ater di rivedere le modalità che hanno portato all’aumento generalizzato dei canoni. «Se ci sono così tante persone a chiedere chiarimenti e delucidazioni agli uffici, significa che la questione Isee sta diventando un problema. E dire che c’erano state le rassicurazioni della dirigenza che aveva parlato di aumenti minini al contrario di Trieste».
Ieri, per la verità, c’era anche un cinquantenne preoccupato perché il “suo” canone è calato. «Nel frattempo, mio figlio ha trovato lavoro. Non vorrei incorrere in brutte sorprese il prossimo anno», il suo ragionamento. Preoccupazione preventiva.
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