Gorizia “anticipa” il piano anti Tir in A4

Nel cassetto della Sdag. C’è un progetto che rimane da tempo su carta. Lo si legge nel Documento programmatico pluriennale 2015-2022 della Sdag di Gorizia, la società che gestisce le strutture autoportuali al confine tra Italia e Slovenia. Riguarda il trasporto su ferro dei Tir.
L’area attrezzata c’è già, quello che manca, rileva l’amministratore unico di Sdag Giampaolo Ristits, è la cosiddetta lunetta (da un paio di milioni di euro) che consentirebbe di evitare le complicazioni della doppia manovra. Si tratterebbe di ossigeno per una A4 rallentata dai cantieri e invasa dai mezzi pesanti.
Un centinaio di Tir al giorno potrebbe viaggiare su ferro anziché su autostrada. «Ciò che conta è il bilancio - spiega Ristsis -: a vagoni pieni sia all’andata sia al ritorno, per viaggi di almeno 400 km con treni noleggiati dalle Ferrovie, un operatore potrebbe trovare economica l’operazione».
5,5 miloni di investimento. Il terminal intermodale nella zona della stazione di Sant’Andrea, a pochi metri dal confine con la Slovenia, è un investimento da 5,5 milioni finanziato dal Programma Interreg 3 2000-2006. La struttura si innesta direttamente sulle linea ferroviaria internazionale Gorizia-Nova Gorica, gestita secondo accordi internazionali da Rfi, ed è stata pure dotata delle attrezzature necessarie per la composizione di treni Ro-La, l’«Autostrada Viaggiante». Ritsis, a dire il vero, non pensa più di tanto al Ro-La: «Far viaggiare i camion, autista compreso, è diseconomico. Più concreta la soluzione del trasporto dei soli semirimorchi».
Autovie Venete, concessionaria che conterà a fine anno 50 milioni di veicoli sulla sua rete, di cui un quarto convogli pesanti, vede di buon occhio l’idea. «Trasferire la gomma su ferro è una priorità da sempre auspicata - commenta il presidente di Autovie Maurizio Castagna -. Decollasse il progetto Sdag, saremmo sicuramente favorevoli».
Quel progetto ha punti di forza e criticità. Lo si legge nel Documento pluriennale dell’Autoporto di Gorizia che cita lo “Studio di fattibilità tecnico-giuridica per la definizione di un soggetto di coordinamento a livello regionale e transfrontaliere con la Slovenia delle attività logistiche e dei trasporto”, un dossier Informest del 2015. «L’intero comprensorio logistico transfrontaliero - vi si legge tra l’altro - potrebbe trarre particolare beneficio dalla costituzione di una piattaforma intermodale in grado di servire i flussi da e per la Slovenia e per i Paesi dell’Est, caratterizzati dalla necessità di importanti interventi di modernizzazione».
I punti deboli? Da un lato le dimensioni ridotte del terminal «che non consentono di catturare grossi volumi di merci», dall’altro «il connaturato vincolo tra le potenzialità di sviluppo del terminal e le condizioni di percorribilità della Gorizia-Nova Gorica», tratta superata nei traffici commerciali dalla Trieste-Udine-Tarvisio sulla direttrice Sud-Nord e dalla linea Trieste-Villa Opicina-Sezana sull’Ovest-Est, entrambi a doppio binario e a trazione elettrica.
Dopo di che la maggiore problematica resta sempre l’assenza di un “armamento” che permetta un instradamento diretto e bidirezionale dalla linea internazionale alla direttrice italiana Udine-Trieste e a quella slovena ad entrambe le estremità della linea nazionale.
Le lunette, insomma. Almeno quella italiana, citata alcuni mesi fa dalla senatrice Laura Fasiolo nell’informare dell’inserimento nel Nodo ferroviario di Gorizia nell’accordo di programma tra il ministero dei Trasporti e Rfi. I fondi? Dalla direzione generale di Rfi si parlò di 500mila euro già a disposizione per interventi tecnologici di ammodernamento degli impianti esistenti. Per la lunetta italiana, invece, a quanto riferito dalla senatrice, «la progettazione preliminare ha fatto emergere una fattibilità di prima fase molto concreta».
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