Golfo, fondali senza segreti: “schedate” le trezze marine
È dedicato alla ninfa trasformata in fonte l’equipaggiatissimo catamarano della marina militare Aretusa, che per tre settimane ha scandagliato i fondali del Golfo di Trieste oltre le sei miglia marine dalla costa, raccogliendo un’enorme mole di dati idro-oceanografici, che ora saranno analizzati dall’Ogs per mappare e studiare approfonditamente la situazione delle trezze marine presenti in quest’area. I rilevamenti fatti, presentati ieri a bordo della nave ormeggiata sul molo dei Bersaglieri, s’inseriscono nell’ambito del progetto Trecorala (Trezze e CorRalligeno dell’Alto Adriatico: valorizzazione e gestione sostenibile nel Golfo di Trieste), finanziato dal bando europeo per la cooperazione transfrontaliera Interreg Italia-Slovenia 2007-2013, di cui l’Ogs è il lead partner e che vede la partecipazione anche di Arpa Fvg, del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, della Stazione Biologica di Pirano, della cooperativa Shoreline (che gestisce la riserva di Miramare), dell’Acquario di Pirano e dell’Università di Nova Gorica.
Grazie alla collaborazione tra Ogs e Marina Militare la nave idro-oceanografica Aretusa, condotta dal tenente di vascello Pasquale Perrina, ha esplorato e mappato un’area di oltre 8 chilometri per 5, situata al largo delle coste tra Grado e Lignano, per un totale di 185 ore di navigazione, che hanno consentito di raccogliere dati oceanografici utili sia per l’aggiornamento della cartografia nautica sia per lo studio dell’andamento delle correnti. In particolare è stata monitorata la presenza di trezze marine, affioramenti rocciosi presenti sia nella zona lagunare veneta sia nel Golfo di Trieste, soprattutto nelle aree di fronte a Grado e Marano, che rivestono un particolare interesse per la ricchezza e la biodiversità degli ambienti che custodiscono. «Sulla presenza di trezze, prezioso e fragile serbatoio di biodiversità del nostro golfo - spiega Simonetta Lorenzon, ricercatrice Ogs - avevamo finora dati sporadici, ottenuti tramite segnalazioni di pescatori e appassionati. Grazie ai dati forniti da Aretusa invece potremo mapparle singolarmente e verificare le ipotesi finora fatte sulla loro genesi, formazione e distribuzione». L’obiettivo, condiviso anche dagli enti locali, sarà quello di valutare lo stato di salute di questi fragili ecosistemi, studiandone le interazioni con le normali attività di pesca e di turismo che interessano quest’area del Golfo, ed elaborare una proposta per una loro gestione sostenibile. «L’intenzione - spiega Lorenzon - è anche quella di pensare all’eventuale ricaduta turistica che potrebbe avere la creazione di un percorso dedicato all’esplorazione subacquea delle trezze, che potrebbe richiamare appassionati d’immersioni anche nei periodi di bassa stagione». Indispensabile per ottenere i dati è stata la collaborazione con la Marina Militare, che con Aretusa ha messo a disposizione dei ricercatori un catamarano di 40 metri per 13, dotato di una strumentazione idro-oceanografica d’avanguardia: un ecoscandaglio Multibeam, un correntometro Doppler e un Side Scan Sonar, che tramite le ombre acustiche prodotte dagli oggetti sul fondo marino permette di evidenziare tutte le particolarità del fondale. Per esplorare le zone non raggiungibili da un catamarano delle dimensioni di Aretusa è stata utilizzata invece un’idrobarca. «Il fondale marino - spiega il comandante Perrino - è stata esplorato a una velocità di circa 3 nodi all’ora per consentire alla strumentazione di effettuare tutti i rilevamenti necessari. I dati saranno poi integrati con quelli ottenuti dall’imbarcazione dell’Ogs, che si è occupata della fascia più vicina alla costa». La mappatura sarà fatta anche nelle acque slovene.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo