Gli “ultimi” trovano rifugio nell’ex Hippodrome

All’ombra di un monte di calcinacci, tra lattine e sacchi neri di immondizia, qualcuno dorme immerso nella sporcizia più immonda. Ci dorme e ci lascia i suoi escrementi. E anche un materasso dato alle fiamme. Assieme a un paio di logori pantaloni felpati e scarpe da ginnastica. Benvenuti all’ex Hippodrome, il “fortino” dei disperati di Monfalcone. Sullo sfondo una collezione infinita di tappi di birra, decine e decine di filtrini e cartine, questi ultimi presumibilmente adoperati da altri individui solo di passaggio (che possono spendere così il loro denaro) per fumare spinelli sotto le stelle.
La vicenda degli occupanti che bivaccano all’interno della vecchia discoteca di via Arrigo Boito sembrava finita tre anni fa, con la muratura di varchi e finestre su input dell’amministrazione comunale. Invece la storia ricomincia, ogni volta uguale. Ma dobbiamo dire che raramente gli “inquilini” abusivi di locali e palazzine in città hanno raggiunto le condizioni pietose toccate da questi senzatetto stranieri (richiedenti asilo? clandestini? gente di passaggio?) che da qualche tempo stazionano all’ex Hippodrome. Una volta luogo di svago, punto d’incontro, pista da ballo, tappa di concerti. E oggi invece monumento del degrado urbano a due passi dall’Area Verde e dal campo sportivo dove si allenano a pallone i ragazzini. Vicinissimo al supermercato Lidl, frequentato da massaie e anziani. Un luogo usato come pista perfino dalle scuole-guida, vedi ieri pomeriggio, per i test.
Come entrano gli “ultimi”? Piegano le reti di ferro sul retro, spaccano le grate delle cantine, buttano giù la pila di mattoni posta a chiusura dei varchi, aprono la porta gialla di fianco al supermercato. E si “impossessano” delle viscere - un groviglio di spazzatura, cemento armato e specchi in frantumi - dell’ex Hippodrome, negli anni ’80 e ’90 la mecca del divertimento giovanile giuliano e isontino.
Al “fortino” dei disperati noi ci siamo andati ieri. Abbiamo contato quattro punti di ingresso, che certo non si sono creati da un giorno all’altro: il principale è rappresentato da una porta gialla (quasi sempre aperta) sul lato est, proprio di fronte al grande magazzino, che conduce alla sala dei divanetti; quindi la finestra sul lato ovest e la grata sfondata al termine dello scivolo di cemento, dove qualcuno ha appiccato le fiamme a un materasso a molle; infine il punto sul retro in cui un ampio muro di mattoni è stato completamente abbattuto. All’esterno, ancora sul lato del canale Valentinis, sono state buttate giù le reti che perimetrano l’edificio. Nella vecchia ala dei divanetti, dove residenti e anche la presidente della colonia felina della onlus Gati de Monfalcon, Laura Cadenaro, hanno a più riprese segnalato un incessante viavai dopo le 17, ti ritrovi a camminare sull’immondizia e a respirare con la mano davanti alla bocca, per via degli odori terribili che hanno infestato i locali. A quanto pare c’è chi dorme a terra, in mezzo alle vecchie seggiole.
Antri ospitali quanto grotte, ma alla disperazione, come si diceva, evidentemente non c’è limite. E difatti non manca chi - sempre stando al racconto di Laura Cadenaro - si rifugia a dormire addirittura sul Carso, nelle vecchie case abbandonate, al termine di via Mocenigo, dove il sodalizio gestisce un altro ricovero per gli amici a quattro zampe.
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