Gli studenti nel mirino della Procura

Trieste. Aperto un fascicolo su mini-occupazioni e autogestioni. Il pm ha chiesto alla Digos i nomi dei ragazzi coinvolti
Silvano Trieste 25/10/2011 Istituto Max Fabiani, occupazione
Silvano Trieste 25/10/2011 Istituto Max Fabiani, occupazione

Oggi le scuole superiori cittadine riprendono la “normale” attività. Allo stesso tempo, su quanto è accaduto dentro e fuori le stesse aule negli ultimi dieci giorni, la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta per verificare se eventualmente gli studenti hanno compiuto reati nel corso delle “mini occupazioni” o di quelle che vengono chiamate “autogestioni”. Al momento non vi sono annotati nomi perché il fascicolo è rubricato come “atti relativi”. Nei prossimi giorni la situazione è però destinata a cambiare dal momento che il pm Federico Frezza ha chiesto alla Digos informazioni precise: istituto per istituto, giorno per giorno. Dovranno essere forniti alla magistratura a brevissima scadenza i nomi di coloro che all’inizio della protesta hanno passato in classe una intera nottata. Occupando l’istituto, seppure per un giorno solo come ad esempio è accaduto al Max Fabiani.

L’attenzione degli inquirenti è concentrata anche sulle riunioni-fiume che hanno bloccato l’attività didattica; al vaglio anche le cosiddette “lezioni autogestite” che potrebbero aver privato chi non ha ritenuto di aderire alla protesta del normale svolgimento dell’attività didattica.

Certo è che l’iniziativa della Procura appare il naturale completamento dell’attività “informativa” svolta per giorni e giorni dagli investigatori della Digos che hanno monitorato quanto accadeva dentro e fuori le aule, annotando e riferendo a livello gerarchico in altrettanti rapporti.

Questa attività era già stata pesantemente criticata e denunciata pubblicamente dagli studenti, riuniti sotto la sigla del “Coordinamenti unito scuole Trieste”. Un comunicato stampa aveva spiegato la nuova situazione, che a loro giudizio è andata al di là di quanto era accaduto negli ultimi anni in analoghe situazioni di protesta scolastica.

«Ci siamo trovati di fronte a una vera e propria repressione - si legge nel comunicato diffuso dal Coordinamento - scatenata usando strumentalmente come pretesto i fatti accaduti a Roma il 15 ottobre. Ronde di polizia fin dall’alba, zone adiacenti agli istituti scolastici quasi blindate, torce, volanti e divise: questo è lo scenario che ci siamo trovati di fronte. Un intervento repressivo voluto anche dai dirigenti scolastici che la settimana scorsa hanno chiamato gli agenti per controllare la situazione. Ma noi non ci fermeremo e continueremo la mobilitazione con più forza. Ci hanno buttato fuori dalle scuole, ora ci prendiamo tutta la città».

Gli agenti in borghese si erano attestati, secondo le informazioni fornite degli studenti, all’esterno del Da Vinci, dell’Oberdan, del Nautico, del Carli, del Petrarca, del Sandrinelli e del Galilei. I giovani che erano entrati a scuola e avevano preso possesso delle aule, delle palestre e dei laboratori, poche decine di minuti più tardi erano stati fatti allontanare dagli agenti della Digos.

L’intervento degli uomini della Digos non era stato sollecitato dai dirigenti scolastici: rientrava bensì in un provvedimento diramato da Roma e a cui i questori dovevano dare attuazione. A molti ragazzi già entrati nelle aule durante la notte per organizzare le assemblee, erano stati chiesti, annotati e poi restituiti i documenti. Al Petrarca i mancati “occupanti” dopo essere entrati nell’istituto seguendo il primo bidello, avevano chiuso il portone usando un lucchetto, poi rimosso dai vigili del fuoco. Al Galvani, in via Campanelle, il tentativo di occupazione era abortito: i giovani appena visti gli agenti, erano scappati dalle finestre. Il Comitato di autogestione poco dopo ha revocato l’agitazione.

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