Gli scienziati indicano a Conte 10 cose da fare: «Basta errori». Anche big triestini tra i firmatari

La petizione al governo.  Chiesto a Roma un impegno preciso da onorare in tempi certi e senza tentennamenti.  Ruffo: non una critica ma un invito a fare sistema e rimboccarsi le maniche. Casagli: martellare la curva di crescita, poi passare a modulare aperture e chiusure

TRIESTE. È il decalogo di ciò che si sarebbe dovuto fare, ma non si è fatto, per governare l’epidemia da Covid-19 ed evitare di trovarci impreparati, come è stato, al sopraggiungere della seconda ondata. L’hanno lanciato, sotto forma di petizione su change.org, il think tank Lettera150 e la Fondazione David Hume, in base alla "operazione verità" chiesta la settimana scorsa da dieci studiosi, tra i quali Luca Ricolfi, Giuseppe Valditara, Andrea Crisanti e Giovanni Orsina.

Tra i firmatari ci sono molti protagonisti del mondo della scienza triestino, tra cui Stefano Ruffo, direttore della Sissa, il presidente di Ogs Nicola Casagli e l’ex presidente Cristina Pedicchio, il rettore dell’Università di Trieste Roberto Di Lenarda, il direttore del dipartimento di Genetica medica del Burlo Paolo Gasparini. L'appello degli scienziati è chiaro: è importante individuare gli errori commessi per evitare di ripeterli.

Se ciò dovesse accadere, «domata la seconda ondata potremmo trovarci a dover fronteggiare la terza». Perciò il decalogo «per salvare l’Italia», non attuato fra maggio e ottobre, va attuato ora, è la richiesta dei firmatari della petizione. Il problema cruciale di un’epidemia non è portare il numero di contagi vicino a zero, ma mantenerlo basso quando il peggio sembra passato. E «per garantire questo, servono tutte e 10 le cose» elencate e «serve, soprattutto, un impegno solenne del governo centrale ad attuarle in tempi brevi e certi, senza i tentennamenti e le distrazioni del passato», con «un cronoprogramma che specifichi costi, strumenti, fasi di avanzamento, date di conclusione. Perché il rischio che corriamo è grande», si legge.

«È un appello firmato da accademici con posizioni politiche molto diverse tra loro - sottolinea Stefano Ruffo -, ma che vogliono farsi portatori di un discorso comune per l'efficienza e il superamento della burocrazia, che probabilmente è uno dei motivi principali per cui certe azioni, penso per esempio a una riorganizzazione del sistema dei trasporti, non sono state realizzate. Non vuole essere una critica al governo, ma un invito a fare sistema e rimboccarsi le maniche, che è lo stesso spirito con cui a marzo ho sottoscritto il primo appello di Lettera 150».

Ma ecco i dieci punti. Si parte dalle analisi, coi tamponi di massa: la promessa governativa di farne molti di più non ha avuto seguito, annota la petizione, ricordando le scene a cui abbiamo assistito in questi giorni in varie aree d’Italia, con la gente costretta a file estenuanti per il test. I firmatari ricordano il piano inviato da Andrea Crisanti al Governo, che evidenziava la necessità di realizzare 400.000 tamponi al giorno, e lo studio di Francesco Curcio e Paolo Gasparini, per Lettera 150, che aveva previsto un modello organizzativo per realizzare circa 1.3 milioni di tamponi al giorno.

Al secondo punto le scuole, che avrebbero dovuto riprendere in sicurezza a settembre, mentre non è stato ridotto il numero di alunni per classe, né garantita la misurazione della febbre, né gestiti i sospetti positivi. Al terzo, un database pubblicamente accessibile:ancora molti dati essenziali per la lotta al virus sono sconosciuti. Al quarto il tracciamento, seguito dal controllo degli assembramenti e dalla promessa di creare 3.500 nuovi posti di terapia intensiva, a fronte della quale si citano i 1300 nuovi posti operativi a oggi.

Al settimo punto c’è il distanziamento sui mezzi pubblici, all'ottavo l’adeguata disponibilità di vaccini anti-influenzali, al nono il mettere i medici di base nella condizione di visitare i pazienti Covid, dotandoli dei dispositivi di protezione individuale. Ultimo, i “Covid-hotel”, che il Governo aveva promesso per consentire ai positivi luoghi dove trascorrere la quarantena senza contagiare i conviventi.

«Con Lettera 150 è da maggio che mandiamo appelli, sostenendo la linea di Crisanti, il primo che ha capito come funzionavano i meccanismi di trasmissione del virus - commenta Nicola Casagli -. Ma in questa fase in cui i contagi sono schizzati alle stelle non ha più senso concentrarsi sul tracciamento. Va seguito il modello “del martello e della danza”, ideato dall’Imperial College: ora dobbiamo “martellare” la curva di crescita per farla abbassare, con misure drastiche di distanziamento sociale: ciò che facciamo in presenza dev’essere messo a distanza, inclusa la didattica. Una volta che la curva sarà a un livello tollerabile, come a giugno, va iniziata la danza modulando aperture e chiusure per modellare la crescita della curva così da non arrivare mai a a saturazione del sistema sanitario».




 

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