Gli operai di via Negri: «Lavori fatti alla carlona»

La testimonianza di due addetti impegnati nel cantiere delle case dello scandalo. «Abbiamo visto persone impreparate. Ci hanno lasciati soli e non siamo stati pagati»
Le case dello scandalo in via Negri
Le case dello scandalo in via Negri

TRIESTE Operai non pagati e abbandonati dalle ditte. Gente perlopiù straniera, senza uno straccio di specializzazione. Bisognerebbe sentirli, i muratori, gli idraulici e gli impiantisti, quando raccontano cos’era il cantiere Ater di via Negri. Ora che lo scandalo degli appartamenti consegnati agli inquilini in condizioni pietose sta emergendo in tutta la sua gravità, viene a galla pure la loro verità. La verità di chi ha lavorato per settimane in quei caseggiati e qualcosa ha notato. Come il giardino esterno, ad esempio, che oggi appare così degradato, pieno di materiale e robacce: in effetti, a quanto pare, per realizzarlo sarebbe stato utilizzato terreno di scavo colmo di resti edili.

 

Lo scandalo delle case Ater di via Negri

 

Il Piccolo ha rintracciato tre persone che erano state impegnate nell’ultima parte dell’intervento. Hanno accettato di raccontare domandando, per ovvie ragioni, l’anonimato. Quello che è certo, come è stato ricostruito dal giornale in questi giorni, è che in quel maxi appalto da 4 milioni e mezzo di euro di soldi pubblici, aggiudicato al “massimo ribasso” a un’associazione temporanea di imprese, sono finite svariate società e microsocietà. Alcune fallite strada facendo.

 

 

È il caso dell’azienda capogruppo, la Soimper, a cui poi è subentrata la De Marchi impianti srl, entrambe venete, insieme alla R.G. Realtà a cui si sono agganciate, nella catena dei subappalti, almeno altre quattro ditte. Alcune, come si evince dalle rispettive casse edili, sono al momento sospese. Sono numerosi i nomi non italiani che risultano nelle liste della manovalanza adoperata nel corso della riqualificazione degli edifici. Un elemento, questo, che era subito apparso chiaro agli stessi inquilini quando hanno iniziato a protestare sul posto per i danni e i guasti che via via trovavano all’interno degli alloggi. «Nessuno capiva cosa dicevamo», riferiva un residente.

Ma cosa è accaduto nel cantiere di via Negri? «Ricordo ad esempio un giovane marocchino - racconta uno degli operai di nazionalità italiana -, era là, nel cantiere, da solo. Si lamentava perché era lasciato così e nessuno lo pagava. L’impressione è che non sapesse bene cosa fare». Un collega, pure lui nell’anonimato, conferma: «Quelle palazzine sono state fatte alla carlona.

 

Missione Ater in via Negri, priorità ai soffitti pericolanti
Una crepa sul muro di una delle nuove case Ater di vis Negri

 

Ci eravamo accorti subito che molte cose non andavano. Il problema è che l’Ater non controllava o lo faceva molto poco...quindi in molti ci hanno sguazzato, ma senza mai arrivare a fare qualcosa di serio. Lì ha lavorato gente di tutti i tipi, però poco pratica del mestiere. Alcuni non erano in grado di mettere le mani negli impianti...e poi era gente che non veniva nemmeno retribuita». Testimonianze, pur senza nomi e cognomi, che coincidono con le magagne che sono spuntate nelle ultime settimane all’interno delle abitazioni, a iniziare dai controsoffitti che cedono, dalle caldaie che spandono o dalle verande non siliconate. Alcune imprese che hanno operato in subappalto, ad oggi non sono state ancora liquidate. Mancano all’appello decine di migliaia di euro. I rispettivi imprenditori sono già in Tribunale. «Quanto accaduto conferma che le gare con aggiudicazioni al massimo ribasso sembrano un buon affare ma non lo sono», commenta Marino Romito della Fillea Cgil, sindacato di categoria. «Il committente ha poi una responsabilità di vigilanza tanto più in questo caso in quanto amministra soldi pubblici».

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