Gli eurodeputati nel campo di Lipa: «Migranti in condizioni disumane, l’Europa non può far finta di nulla»

TRIESTE «Il campo di Lipa è un non luogo su di un’altura in mezzo alla neve, recintato da una rete metallica. Le persone fanno la fila in infradito, all’aperto, per un pezzo di pane». Ieri abbiamo raggiunto telefonicamente l’eurodeputato del gruppo Socialisti e Democratici (S&D) Pietro Bartolo, mentre si trovava nel cantone bosniaco di Una Sana. In missione istituzionale con lui c’erano il capodelegazione del Pd al Parlamento europeo, Brando Benifei, e i colleghi Alessandra Moretti e Pierfrancesco Majorino.
Distrutto prima di Natale da un incendio che ha lasciato quasi mille profughi per giorni senza riparo, mentre l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) già stava abbandonando la gestione del campo, oggi Lipa è in capo al governo bosniaco e ospita una tendopoli allestita dall’esercito: i migranti non devono più dormire nei boschi, ma le condizioni restano precarie. «Quasi 900 persone alloggiate in poche tende, in condizioni disastrose; qualcuno sulla neve si lavava con una bottiglia d’acqua», dice Bartolo, medico oltre che politico, per quasi vent’anni responsabile delle prime visite ai migranti a Lampedusa: «Abbiamo ascoltato le testimonianze raccapriccianti dei respinti dalla Croazia alla Bosnia«, che dicono di essere stati «malmenati e derubati dei loro averi. I volontari hanno raccontato di corpi che alla fine di ogni inverno emergono, morti, dal disgelo».
Oggi gli eurodeputati saranno a Bruxelles. Qui riferiranno alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, all’alto rappresentante Ue per gli Eesteri Josep Borrell e a «tutti coloro che dovranno pretendere spiegazioni – così Bartolo –. Fermo restando che l’Europa non può pensare di risolvere i problemi limitandosi a elargire denaro, come vengono gestiti, e da chi, i soldi che l’Europa stanzia? Si parla di quasi 90 milioni di euro in due anni. Ma le responsabilità della crisi migratoria sono innanzitutto degli Stati membri, finora incapaci di affrontare il fenomeno diversamente: scaricare ogni colpa sulla Bosnia non è giusto. La soluzione più giusta e umana è il ricollocamento con equa distribuzione tra tutti i Paesi membri, secondola capacità di ciascuno. Nella Bosnia ci sono 9.000 migranti: potrebbero essere accolti in Ue nel giro di 24 ore».
Benifei, che parla di migranti «in una situazione disumana» davanti a cui «noi europei non possiamo stare a guardare», su Fb suggerisce «canali umanitari per l’emergenza e soluzioni strutturali efficaci».
Sabato la delegazione era stata fermata dalla polizia croata al confine tra Croazia e Bosnia, creando un caso internazionale. Le difficoltà sono state superate grazie anche alle ambasciate italiane a Zagabria e Sarajevo. Assistiti dall’ambasciatore Minasi, l’altra sera gli eurodeputati hanno raggiunto la municipalità bosniaca di Bihac, dove hanno incontrato Oim, autorità locali e ong. Sull’episodio il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli, ha espresso «stupore per i limiti di movimento ai deputati». Bartolo ribadisce: «Volevamo arrivare alla frontiera, non oltre. Ma un cordone di poliziotti ci ha bloccati in malo modo: fa pensare che avessero qualcosa da nascondere. Pretenderemo chiarimenti, non si può trattare così europarlamentari sul territorio europeo». Ma ieri sera il ministro dell’Interno croato Davor Bozinović, alla tv pubblica Htv, ha definito l’episodio - così le agenzie di stampa - «un’altra di una serie di provocazioni legate alle azioni della polizia croata nell’adempimento dei suoi compiti costituzionali e legali, nella protezione del confine». C’è «l’intenzione evidente di screditare la Croazia, di mancare di rispetto alle sue leggi». Sostenendo che l’arrivo degli eurodeputati fosse frutto di «accordo privato, non una delegazione ufficiale annunciata», il ministro ha anche respinto le accuse lanciate da varie Ong sul trattamento dei migranti. —
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