Gli esuli: «Niente regali a Trieste con i nostri soldi»

Le associazioni bocciano senza appello la proposta di Rosato sull’utilizzo dei fondi del trattato di Osimo. Ballarin: «Non sosteniamo la campagna elettorale del Pd»
Un'immagine simbolo dell'esodo
Un'immagine simbolo dell'esodo

Lui, il deputato Pd Ettore Rosato, lancia la proposta di utilizzare i fondi per gli indennizzi previsti dall’Accordo di Roma del 1983 per finanziare progetti a Trieste? Loro, le associazioni degli esuli, rispondono a ruota, demolendo su tutta la linea l’ipotesi del parlamentare dem e bollandola all’unisono come «boutade irricevibile». Una bocciatura senza appello, dunque, a cui fa da contraltare l’accoglienza positiva riservata dal sindaco Roberto Cosolini, l’unico finora a definire l’opzione «una proposta valida, sulla quale vale la pena discutere, cercando la massima condivisione».

Ettore Rosato
Ettore Rosato

A giudicare dalle prime reazioni, però, quella condivisione appare al momento un autentico miraggio. «Noi non finanziamo la campagna elettorale del Pd - taglia corto Antonio Ballarin, presidente di FederEsuli -. Non prendiamo quindi nemmeno in considerazione l’uscita puramente propagandistica di Rosato. Non si capisce peraltro a che titolo parli. È mai stato in un campo profughi? Ha perso la casa in Istria o ha avuto parenti infoibati? Non mi risulta. Credo parli soltanto in qualità di deputato di Trieste - come se tra l’altro gli esuli esistessero solo in questa città e non si trovassero invece in tutto il Paese -. Ma il nostro interlocutore - conclude Ballarin - non è certo lui, bensì il governo con cui domani (oggi, ndr) affronteremo non solo il nodo dell’Accordo di Roma, ma anche le tante altre questioni legate all’esodo e rimaste ancora aperte».

Non fa sconti a Rosato nemmeno il presidente dell’Associazione nazionale Venezia Giulia Dalmazia, Renzo Codarin. «Perchè mai gli esuli dovrebbero fare un regalo al Comune, ristrutturando ad esempio Palazzo Carciotti? I soldi di Osimo - continua Codarin - non devono andare necessariamente a Trieste, città che tra l’altro oggi ha un presidente del Consiglio comunale (Iztok Furlanic, ndr), che non rispetta il dramma delle foibe. Se proprio non si vogliono utilizzare nella maniera più sensata, ovvero dar vita a una fondazione che eviterebbe alle associazioni di elemosinare ogni tre anni soldi dallo Stato, quelle risorse possono essere impiegate per tanti altri interventi: ristrutturare un palazzo a Venezia o costruire magari un mausoleo a Roma con i nomi di tutti gli infoibati. Limitare il discorso a Trieste, dimenticando quindi che gli esuli sono stati smistati in 100 campi profughi in tutta Italia, è una formula riduttiva e politicamente non percorribile. E lo dico da triestino».

Quei 90 milioni congelati da anni che ora Roma vuole incassare
La firma del Trattato di Osimo in una foto d'epoca

Su posizioni meno dure, ma comunque nettamente contrarie alla linea Rosato, anche Manuele Braico, presidente dell'Associazione delle Comunità istriane. «Mettere a posto il Carciotti è compito del Comune o della Soprintendenza, non certo degli esuli - afferma -. Se proprio si vuole fare qualcosa a Trieste con i soldi degli indennizzi, si crei piuttosto un percorso della memoria organico e funzionale, nel quale far rientrare l’ex campo di Padriciano, la foiba e magari un ostello per ospitare i giovani desiderosi di conoscere la nostra storia».

Critico, infine, anche Massimiliano Lacota dell’Unione degli Istriani. «Non vorrei che con i fondi dell’Accordo di Roma si finanziassero progetti che non si sposano minimamente con le esigenze degli esuli, come l’ennesimo museo. Il fatto che a Trieste esistano tanti palazzi bisognosi di ristrutturazione - mette in guardia Lacota - non è una motivazione sufficiente ad utilizzare il denaro degli indennizzi».

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