Gli chef di “Gorizia a tavola” hanno cucinato per i detenuti

La città è entrata in carcere. Il Natale è ormai trascorso ma nel penitenziario di Gorizia è ancora vivissimo il ricordo delle domeniche di dicembre grazie all’iniziativa, mai realizzata prima, partita timidamente e fortemente voluta da don Alberto De Nadai.
Il carcere di Gorizia è una casa circondariale. E nelle case, in genere, il primo impatto “di relazione” è la tavola. Questo ha ispirato tutte le iniziative volte a portare all’interno del carcere il clima di casa e, per citare l’arcivescovo Radaelli «non abbiamo solo fame di cibo, ma anche fame di relazioni e la tavola è il luogo delle relazioni». Così, eccezionalmente, si sono potuti organizzare i pranzi comunitari in corridoio con una lunga tavolata.
Si è realizzata l’idea di don Alberto, sia grazie all’adesione al progetto dell’amministrazione carceraria, sia per la disponibilità di alcuni ristoratori che hanno offerto gratuitamente i pranzi per circa 20 persone. Si va dal ristorante locanda 101 alla trattoria Ponte del Calvario, dal bistrot Moscardino alla pasticceria L’oca Golosa, per finire con il Rosenbar. L’organizzazione è stata coordinata da Michela Fabbro, presidente dell’Associazione “Gorizia in tavola” nonché titolare, assieme al marito, proprio del ristorante Rosenbar. Il pranzo di Natale è stato offerto dalla cooperativa Hanna House di Fiumicello e ogni detenuto ha trovato sotto il proprio piatto un biglietto personalizzato (scritto da don Alberto, loro assistente spirituale).
Durante la prima settimana d’Avvento, ogni detenuto aveva ricevuto un biglietto affrancato così da poter scrivere gli auguri ai propri familiari. Alla fine di ogni pranzo festivo, gli ospiti hanno scritto a ogni ristoratore una lettera di ringraziamento, firmata da tutti. Ci sono stati anche gli incontri con l’arcivescovo e il sindaco, separatamente. Entrambi, in assemblea con i detenuti, il venerdì pomeriggio hanno ascoltato con interesse le loro richieste. In particolare si sente l’esigenza di predisporre all’interno del carcere una sala adeguata per gli incontri con i familiari e un luogo di attesa specialmente per coloro i quali arrivano da lontano e aspettano in strada il momento di poter andare ai colloqui con i propri cari.
Al sindaco Ziberna è stata fatta, inoltre, la richiesta di un’assistente sociale che s’interessi sia dei semiliberi per lavori socialmente utili, sia di chi, finita la pena, sta uscendo dal carcere e ha bisogno di trovare un lavoro. Durante l’assemblea l’arcivescovo ha sottolineato l’importanza delle relazioni senza le quali non esisteremmo e ha visitato le celle dove vivono i detenuti. Il clima di famiglia e casa è stato anche rievocato con il gioco della tombola a fine pranzo, con diversi premi che sono stati acquistati grazie alle offerte dei cittadini che, sorpresi da questa iniziativa e da questo nuovo clima in carcere, hanno voluto partecipare a questo Natale diverso. —
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