Gli autonomisti dell’ex Cecotti sbarcano a Trieste
TRIESTE. «Credo che Sergio Cecotti non abbia detto sì esplicitamente neanche quando si è sposato». Massimo Moretuzzo, sindaco di Mereto di Tomba e coordinatore del Patto per l’Autonomia, è il primo a non sapere che cosa deciderà l’imprevedibile ex presidente della Regione e sindaco di Udine. Ma l’impegno con cui da prima del referendum costituzionale Cecotti è ritornato in campo pare l’anticamera di una candidatura con un Patto che prima della fine dell’anno presenterà un progetto che coinvolgerà anche forze triestine. Pur essere più probabile la corsa alle regionali, non è tra l’altro escluso che il professore della Sissa possa entrare nella pattuglia di autonomisti che il Patto intende schierare nei collegi uninominali del Rosatellum, una sfida a centrodestra e a centrosinistra, poli con i quali non c’è alcuna intenzione nemmeno di avviare una trattativa.
Troppo distanti, berlusconiani, leghisti e democratici, per ipotizzare convergenze. Soprattutto «nemici» della specialità, è la ribadita tesi del Patto. «Peggio il Tondo-Tremonti o il Padoan-Serracchiani? Come scegliere tra la ghigliottina e la fucilazione», taglia corto Cecotti.
In conferenza stampa a Udine, presenti anche il consigliere del Misto Claudio Volino, Patrie furlane e Manovali per l’autonomia, il Patto fa il punto proprio sugli effetti dell’emendamento Morando alla legge di stabilità nazionale che prepara il riassetto, voluto dalla giunta, del sistema di trasferimenti e compartecipazioni sul gettito garantito al Fvg.
I conti li illustra Giorgio Cavallo, leader nel 2016 del comitato per il No alla riforma Renzi-Boschi. Solo una simulazione, spiega l’ex assessore della giunta Cecotti a Udine, «ma più che attendibile», che mostra come «i flussi di entrata e uscita rimarranno gli stessi degli ultimi anni», vale a dire con un prelievo statale di 1,1-1,2 miliardi all’anno per risanamento della finanza pubblica e abbattimento del debito, il 25% delle risorse regionali, come già a partire dal 2010.
Con Giovanni Bellarosa, storico ex capo di gabinetto e segretario generale della Regione, che denuncia il «baratro di legittimità costituzionale» aperto dal mancato coinvolgimento del Consiglio sull’emendamento Morando, nel mirino del Patto c’è pure la «pantomima dei 120 milioni di “sconto” che lo Stato dichiara di averci fatto e che saranno l’occasione per una finanziaria elettorale di spesa. In realtà, si tratta di un ribasso su un ingiustificato aumento, che fu di 270 milioni con Tondo, in un quadro dove ciò che conta è l’enorme taglio di entrate. Di fatto, una solenne presa in giro».
«Per la prima volta nella storia della Regione si farà un assestamento la seconda settimana di campagna elettorale», insiste Cecotti parlando di soldi «estorti» dallo Stato e bocciando dunque la prossima intesa con Roma: «Un accordo nelle segrete stanze ci consegna un documento in cui, nel migliore dei mondi possibili, si va pari. Rendendo però definitivi tagli che sembravano astrattamente essere provvisori».
È la presa di posizione di un candidato presidente? Moretuzzo ci spera, Cecotti mantiene viva l’attesa. L’impressione è che manchi poco per convincerlo, ma c’è anche appunto uno scenario alternativo in cui l’ex sindaco potrebbe correre per le politiche (un nome sicuro per Pordenone è quello del sindaco di Valvasone Arzene Markus Maurmair, mentre Violino e un altro ex Carroccio, Roberto Visentin, faranno da “padri nobili”). «Se la Boschi corre in Friuli Venezia Giulia, noi ci candidiamo contro», è l’ultima battuta di Cecotti. I contatti con Trieste per le regionali? «Ci sono - conferma Moretuzzo -. Soprattutto nel mondo della cultura».
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