Gli auguri speciali di Papa Francesco per i 50 anni di sacerdozio di Malnati

L’emozione di don Ettore: «L’auspicio per il futuro? Continuare a insegnare» 
Foto BRUNI Trieste 04.01.2021 Don Ettore Malnati
Foto BRUNI Trieste 04.01.2021 Don Ettore Malnati

Persino Papa Francesco ha voluto esprimere la sua vicinanza, inviando un biglietto speciali di auguri con l’invito «a vivere il suo sacerdozio con gioia ed entusiasmo, nel servizio del laicato e della cultura».

«Continui a adivulgare l'insegnamento dei Pontefici - scrive Papa Francesco -, e, per favore, non si dimentichi di pregare per me».

Il traguardo, del resto, è di quelli importanti. Monsignor Ettore Malnati compie cinquant'anni di sacerdozio, mezzo secolo di pastorale vissuto all’insegna della cultura e dei giovani, immerso nel tessuto ecumenico e politico cittadino. Un anniversario celebrato con una messa presieduta dall'arcivescovo Giampaolo Crepaldi domenica 6 gennaio alle 10.30, nella chiesa di Notre Dame de Sion di via Minzoni, cuore di una comunità sorta in pratica dal nulla verso la metà degli anni '70 e ora divenuta importante polo di aggregazione giovanile.

Nato a Varese nel dicembre del 1945, Malnati ha frequentato il Seminario di Trieste dal 1965 al 1970, divenendo presbitero nel gennaio del 1971. Nel suo percorso compaiono anche gli studi in Teologia e Filosofia alla Pontificia Università San Tommaso di Roma e le specializzazioni tra Friburgo e l'Istitut Catholique di Parigi. Scrittore – con circa una sessantina di opere –, docente universitario e pubblicista, con tessera acquisita nel 1976 e poi rodata con le collaborazioni con “Avvenire”, “Vita Nuova” e “Vatican Insider”. Alfiere del dialogo inter religioso, nominato nel 2006 cappellano di Sua Santità.

Don Ettore, da sacerdote ha vissuto anche esperienze forti fuori dell'ambiente ecclesiale?

Sì, a segnarmi fortemente sono state le esperienze vissute durante in terremoti in Friuli e in Irpinia, dove la Diocesi istituì dei comitati di solidarietà. In quelle occasioni capii sul campo l’importanza di essere sempre degli accompagnatori nelle realtà di forte sofferenza umana.

Lei è stato anche segretario particolare del vescovo Santin per 10 anni, fino alla sua scomparsa nel 1981.

Da Santin ho imparato ad essere prete sino in fondo, fedele alla Chiesa e al Magistero. Cercando di essere forte nella fede, conoscitore e inserito nella storia, in particolare nella storia così complessa di questa città.

Città in cui Lei ha giocato un ruolo di primo piano anche a livello politico, con posizioni spesso vicine a quelle della destra e del centrodestra.

I miei non sono mai stati legami partitici, ma o a livello umano. Ho avuto diversi contatti con personalità della destra, vedi quella liberale con Trauner, ma i miei rapporti sono stati sempre estesi a tutti, anche con la sinistra. I primi auguri di compleanno per i miei 75 anni sono giunti infatti daBruno Zvech e da Marino Andolina.

Eppure non è mancato un impegno specifico nei confronti di alcuni attivisti triestini della destra militante.

È vero. Sono stato accanto a Fabio Valencich, quando volle mettere in atto uno sciopero della fame per rivendicare i suoi diritti durante la reclusione nel carcere di Sabaudia negli anni ’80, e vicino al giornalista Fausto Biloslavo, quando venne incarcerato in Afghanistan. Atti puramente umani di vicinanza nei confronti di persone che manifestavano per la loro idea o professione.

E poi ha sempre avuto un legame particolare con Giulio Camber.

Lo conosco dal 1974, ai tempi della Fuci, la Federazione Universitaria Cattolica. Con lui ho sempre avuto uno stretto rapporto in chiave culturale ed ecclesiale, ma che non ha mai condizionato le nostre rispettive scelte.

Di recente invece ha avuto qualche contrasto con esponenti della Lega, penso alle critiche al vicesindaco Polidori dopo la scelta di gettare via le coperte di un clochard.

Non era un attacco alla Lega o all'esponente partitico, ma al gesto. Non ho personalmente rapporti con la Lega, specie quella estrema, e non ho nulla contro Polidori, ma quella volta era fondamentale schierarmi con un esempio della sofferenza umana. Un retaggio che ho ben impresso nell'animo sin dal tempo dell'assistenza fatta al Campo Profughi di Trieste nel 1989.

In 50 anni di sacerdozio ha avuto a che fare con diversi sindaci. Con chi è andato più d’accordo?

Mi sono rapportato sempre con tutti, ma sono stato sempre accanto soprattutto a Dipiazza. Ricordo comunque Richetti, Illy e Damiani e, in fondo, anche Cosolini. Loro sono stati il segno della volontà popolare e dovevano essere rispettati, sempre.

Tempo fa era girato il suo nome per un incarico da vescovo...

Mai avuta una vera ambizione in quel senso. Anche perché attualmente i vescovi hanno una responsabilità più amministrativa ed economica.

Che effetto Le hanno fatto gli auguri del Papa?

Il Santo Padre mi ha inviato un biglietto autografato di suo pugno. La cosa non era infatti scontata, anzi molto rara anche per alti prelati e per questo ancor più preziosa per me. Il Pontefice mi esorta a continuare l'insegnamento e questo mi ha reso ancor più felice.

A proposito di insegnamento. Il Diritto Canonico prevede che un parroco, al compimento dei 75 anni di età, rinunci al suo ufficio. Lascerà quindi Notre Dame de Sion?

Come da prassi, io ho già inoltrato le mie dimissioni al vescovo e attendo una risposta. Tuttavia ci sono le condizioni affinché io possa continuare il servizio almeno per qualche anno ancora. Salute permettendo.

E lei cosa chiede ancora dal suo impegno pastorale?

Niente altro che la consapevolezza maturata dopo 50 anni di sacerdozio. Non potrei concepire la mia esistenza senza la dimensione da credente e senza una prospettiva spirituale ed educativa da condividere con i miei ragazzi dell'oratorio. —




 

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