Gli appalti “impossibili” all’Agenzia anticorruzione

Da palazzo Biserini all’ex Pescheria si acuisce la diatriba tra Comune e imprese I costruttori si rivolgono all’Anac presentando un’istanza di precontenzioso
Di Massimo Greco
Foto Bruni 03-11.15 Salone degl'Incanti-pescheria
Foto Bruni 03-11.15 Salone degl'Incanti-pescheria

Parola all’Anac, l’Agenzia anti-corruzione. Perchè sulle certificazioni ambientali negli appalti volano scintille tra Comune e imprese edili e così l’originario dossier locale diventa un caso nazionale. Non bastava il discusso bando sui lavori nella Biblioteca civica ospitata a palazzo Biserini, poichè a fine dicembre si è aggiunta un’altra ragione di contendere: la gara per l’installazione di una guaina fotovoltaica sulla copertura dell’ex Pescheria.

Valore 381 mila euro, 150 giorni per eseguire l’opera, termine per ricevere le domande fissato alle 12.30 del 2 febbraio prossimo venturo. In apparenza tutto secondo copione. Tra le righe un “però”: nelle condizioni di partecipazione il Servizio appalti-contratti-affari generali del Comune triestino contempla infatti il «possesso di certificazione in materia di gestione ambientale o altre prove...».

Si tratta dei cosiddetti “criteri ambientali minimi” (cam), sull’inserimento dei quali Ance Trieste (l’associazione imprenditoriale degli edili e dei costruttori) aveva già eccepito al tempo della gara per i lavori a palazzo Biserini. In pratica, la gran parte delle aziende triestine e friulane sarebbe priva delle certificazioni richieste, quindi addio agli appalti comunali, qualora il Municipio triestino continuasse a inscriverle tra le condizioni partecipative.

Ai primi dello scorso dicembre la questione delle certificazioni ambientali (Emas o ISO14001) venne sollevata solo informalmente. Invece adesso Ance Trieste, scortata da Ance Fvg, prende carta e penna per raggiungere tre destinatari: l’Anac a Roma, il sindaco Roberto Dipiazza e l’assessore Elisa Lodi in piazza Unità. In particolare all’Anac, presieduta da Raffaele Cantore, i costruttori regionali, con un’accompagnatoria firmata dal presidente Andrea Comar, presentano una cosiddetta “istanza di precontenzioso”, una nuova procedura prevista dal Codice degli appalti varato con il decreto legislativo 50/2016. Cioè, prima di rivolgersi al Tar per impugnare i bandi comunali, l’associazione chiede una valutazione del caso da parte dell’Agenzia. La nota trasmessa da Ance Fvg solleva due distinti profili di illegittimità sull’operato del Comune, in quanto i “cam” sono sì richiesti nel bando di gara (prima obiezione) ma non valutati in fase di progettazione (seconda obiezione).

Per la verità Ance aveva domandato al Comune di condividere l’istanza, in modo da irrobustire in maniera “bipartisan” la richiesta di chiarimento all’Anac, ma l’amministrazione non ha ritenuto di aderire al documento.

Nell’attività di lobby Ance Trieste si è riservata gli interlocutori comunali, ovvero Dipiazza e la titolare dei Lavori Pubblici Elisa Lodi. Così il 18 gennaio scorso il presidente Donato Riccesi ha scritto loro una trentina di righe, riepilogando i termini del potenziale dissidio. Tanto per cominciare, nella regione giulio-friulana - sostiene Riccesi - non esistono precedenti di inserimento dei “cam” nei bandi e a livello nazionale la casistica è estremamente contenuta: si citano i soli precedenti relativi a una bonifica e ai lavori sulla Metropolitana milanese. Poi il presidente dell’Ance triestina chiede un incontro a Dipiazza e alla Lodi, per capire quali ragioni spingano il Comune triestino a insistere «in richieste disattese da tutte le altre stazioni appaltanti». Più in generale, Ance vorrebbe capire come l’amministrazione intenda organizzarsi riguardo all’affidamento e alla gestione dei lavori pubblici. Onde evitare - conclude Riccesi - che Trieste inauguri «una stagione dei ricorsi».

La “questione ambientale”, legata anche agli orientamenti legislativi in tema di edilizia green, si era palesata per la prima volta - come si riferiva all’inizio - nel bando per i lavori nel piano-terra di palazzo Biserini, la storica sede della Biblioteca in piazza Hortis. Un appalto da 2 milioni di euro da affidare con procedura negoziata. Il disciplinare indicava, tra i requisiti indispensabili per l’ammissione, certificazioni ambientali oppure “prove equivalenti”. E già allora Ance si era mossa: ma il Comune è andato dritto.

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